The book is on the table

Se Halloween è il giorno in cui il confine tra il mondo dei morti e quello dei vivi diventa sottile e friabile quanto la sfoglia fritta di un dolcetto (senza scherzetto) eccovi due libri che pur senza zombie, streghe, zucche e tombe scoperchiate danno comunque quel brivido lungo la schiena, e non perché descrivono una serie di omicidi con il piglio di un maestro dell’horror o di uno sceneggiatore di serie-tv per casalinghe annoiate: il brivido, qui, è merito della stupidità. La stupidità subdola, faziosa, ammiccante di chi i crimini li racconta – i giornalisti – e quella disarmante e banale di chi li commette.

Guarda caso, entrambi i libri di cui parlo oggi li ho letti – anni fa – proprio a ridosso di Halloween, quando ancora noi italiani non avevamo importato in toto e reso pseudo-ufficiale una festa che dopotutto ha origini in Europa e che gli Stati Uniti hanno preso, trasformato e rinvenduto con gran successo (come fanno con ogni prodotto culturale) e chiavi in mano.

PALLOTTOLE VAGANTI  – 101 omicidi italiani
Luigi Bernardi
Derive/Approdi 2002

Nel 2000 in Italia ci sono stati 749 omicidi, più o meno due al giorno. Che non sono pochi ma comunque molti meno rispetto agli anni precedenti (per dire: nel 1991 ce ne sono stati 1901!).
Di questi, Luigi Bernardi – bizzarro ed eclettico personaggio nel panorama editoriale italiano – ne racconta 101, e li racconta nella maniera più semplice: 10 righe o giù di lì per ciascun omicidio. Strangolamenti, revolverate o furiose coltellate ricevono tutte lo stesso trattamento. Niente commenti, analisi, supposizioni. Nessun bisogno di infiocchettare o infinocchiare. Solo fatti, gesti, dati. Il minimo indispensabile.

Inizi il libro a velocità supersonica e dopo pochi minuti sei già a metà. Poi ti fermi un attimo e ti sembra di aver digerito sei mesi di tg tutti in un sol boccone, tra moventi assurdi, malattie mentali, gelosie e persino momenti comici.
E allora rallenti un po’, cercando di capire quali sono i fili che, sotto alle pagine, legano il tassista abusivo che è convinto che sua madre sia impossessata dal demonio al carabiniere che uccide la moglie poi si spara.
Ma il filo è sono uno ed è, appunto, la stupidità: del non riuscire a comunicare ed ascoltare, del non volersi assumere responsabilità, del non saper vedere una via d’uscita (da una situazione o – peggio ancora – dal proprio flusso di pensieri autoreferenziali).

Quando arrivi all’ultima pagina, se già prima pensavi “c’è gente strana in giro”, dopo non puoi che guardarti attorno sospettoso, almeno per un po’. Prima di ricascare con tutte le scarpe nella normale, banale, spaventosa quotidianità.

LA VIOLENZA ILLUSTRATA
Nanni Balestrini
Einaudi 1976

La violenza illustrata l’ho pescata, letteralmente, dall’immensa libreria di mio padre poco dopo aver letto Pallottole vaganti.
Ennesimo caso in cui l’occhio – che casca proprio in quell’angolino lassù, in cima alla libreria – si mette d’accordo con una parte del cervello che non sai di avere e fanno le loro cose senza dirti niente, mettendoti poi davanti al fatto compiuto.

E l’occhio (o il cervello indipendente) ha visto giusto dato che il libro di Balestrini può essere visto come il rovescio della scarna, essenziale medaglia che è Pallottole vaganti. Un rovescio certo più illustre e blasonato, coniato quasi trent’anni prima da un autore che non mi stancherò mai di consigliare: leggetevi, rileggetevi, scoprite Balestrini e la sua incredibile capacità di mimetizzare la sua voce – pur rendendola riconoscibilissima – attraverso linguaggi presi/rubati/fotografati direttamente dalla realtà. Una realtà, anzi, ricostruita in modo da sembrare più nitida dell’originale.

Ne La violenza illustrata Balestrini adotta la tecnica del cut-up, utilizzando materiale già esistente per creare un collage che oltre a raccontare i fatti, racconta di come questi a loro volta sono raccontati.
Tra verbali di interrogatori, trafiletti di riviste di serie B, imbellettate e compiacenti cronache dei quotidiani, si passa da rapine in banca a scontri di piazza ad omicidi d’alto bordo.
E ne traspare una realtà distorta, enfatizzata come fosse passata davanti al teleobiettivo di un paparazzo o, al contrario nascosta tra le righe, infilata nel taschino della giacca insieme al blocco per gli appunti e al dovere di cronaca.

L’attualità del libro di Balestrini è incredibile.
Non noti la differenza con quanto leggi, vedi, ascolti oggi su quotidiani e telegiornali. Mancano solo i video lo-fi da videofonino e Facebook (che, anzi, mi chiedo che fantastica ispirazione potrebbe essere per lo scrittore milanese). Il cinismo, la logica del vendere notizie come fossero prodotti per l’igiene intima e non fatti/cause/conseguenze, invece, sono gli stessi.

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