Il writing in Italia. Che storia l’ultimo libro di Alessandro Mininno per bruno!

Pezzo, Biancone, Wholecar. Toy, Marcioni, Spugnettari.
Di questi termini, solo l’ultimo mi pare nuovo e nato da quell’atteggiamento, tanto perbenista quanto generalista, che hanno certi salotti della nostra gauche di sopportare la street art solo quando sta in una galleria d’arte o sponsorizza un paio di scarpe, mai quando gli copre col nero inferno il citofono di casa.
Sono termini bellissimi. Sono le parole della tribù italiana, sotterranea e volante, dell’hip hop; in particolare di quella sua cultura visiva che tutti conoscono grazie ai termini, ormai mainstream, dei graffiti, writing, bombing

Ma quant’è bello invece vedere in copertina del nuovo libro di Alessandro Mininno uscito per la casa editrice e studio grafico veneziano bruno, tutte le parole di quello slang così forte e identitario, così proprietario e unico?

Alessandro Mininno, “Graffiti Writing in Italy 1989–2021”, bruno, 2021
Alessandro Mininno, “Graffiti Writing in Italy 1989–2021”, bruno, 2021

Io andavo al Casta Crasta a fine anni ’90, quando a Milano c’era ancora il muretto (e a Bologna Neffa ancora cantava rap), il dissing era di Dj Gruff contro gli Articolo 31, e venivano fuori dei casini che non capivo benissimo; però era divertentissimo. Ero troppo piccolo per buttarmici dentro troppo, e quello che facevo era andare da Lord Bean a chiedergli di taggarmi la Smemoranda.
Lord Bean ora lo conosciamo come Luca Barcellona, e non a caso ha scritto la prefazione di questo libro splendido: Graffiti Writing in Italy 1989–2021. Un libro che raccoglie 380 foto in 160 pagine ricche di citazioni e storie, dove l’illegalità si intreccia al racconto fortissimo di come si crea una narrativa di gruppo e dal basso.
Storie di come uscire la notte o correre in cima ai palazzi, usare un nero e l’argento, oppure tanti colori e mega pupazzi, storie ambientate in interrail e nelle scuole d’arte, storie dal Sempione (il Copar), in occupazioni e manifestazioni fatte tutti assieme, contro la riforma scolastica e contro il tempo che passava per farci crescere.

Io sono stato in crew anche con un importante street artist che ora è pubblicato ovunque, e ho una sua stampa appesa di fronte al tavolo da pranzo. Eppure leggere questo libro non è come tornare indietro nel tempo, è più tipo prendere appunti e scoprire di nuovo quello che abbiamo visto succedere nelle nostre città, sui nostri treni, nei nostri luoghi di aggregazione.
Va letto, e poi tenuto in libreria come un compendio quasi accademico di una cultura che sennò viene scambiata per altro. Intendo letteralmente, scambiata per denaro, o per decoro, o per vandalismo.
Invece è la cultura di una tribù metropolitana ancora viva vegeta. Applausi Applausi, Applausi per Fibra.

COMPRATEVELO QUI, non fate i marcioni. YO!

Filthy, Hero (DIAS), Napoli, 2020
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Cento, Zuek (MOD), Torre dell’Orso (Le), 2005
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Nitro, Muko, Milano, 1995
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Peeta, Venezia Lido, 2012
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Zeus, Napoli, 2020
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Rocks, Milano MM2, 2006
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
Snitch, Milano, 2020
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
The Mls, 2020
(courtesy: Alessandro Mininno / bruno)
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