A conclusione di una tornata elettorale che sembra sempre più ridefinire i limiti e i confini della politica, ed il suo linguaggio, ma anche i contorni dell’affluenza alle urne, mi è capitato per le mani questo libro edito da Terre di Mezzo, dal titolo: Nella foresta non si parla d’altro. Le elezioni degli animali, di André Rodrigues, Larissa Ribeiro, Paula Desgualdo, Pedro Markun.

Mi sono messa a pensare, di rimando, a quanto il linguaggio politico abbia subito delle mutazioni in tutti questi anni e i luoghi stessi della politica abbiano abbandonato le sedi istituzionali per andare ad abitarne altre meno consone. Sto parlando di social network, tv, talk show, medium che dovrebbero coadiuvare la diffusione del messaggio politico ma che di fatto finiscono per diventare essi stessi messaggio e forza performante. Rivoluzioni di una informazione ipertrofica? Regressione nella sostanza a vecchie forme di comunicazione di massa? Io propendo per la seconda ipotesi, ma non sta a me affrontare l’argomento.
Di fatto con questo libro si ritorna alle origini, collocando sapientemente il contesto della narrazione nel regno animale. Per gioco, si può cercare di riconoscere fra gli animali presenti nel racconto esponenti italiani e internazionali. Ma non è neppure questo che ci interessa.
La cosa davvero interessante è ritrovarci dentro una panoramica estremamente puntuale su quelle che sono le dinamiche che portano al dibattito politico — e di cosa nella realtà e nella pratica si sostanzi la politica a partire da un diritto fondamentale, com’è quello dell’accesso all’acqua.

Ma c’è un qualcosa di più che rende prezioso Nella foresta non si parla d’altro: questo, come Quem manda Aqui? (Chi comanda qui?), pubblicato in precedenza in Brasile, è il frutto di un lavoro che gli autori hanno fatto con i ragazzi delle scuole di San Paolo e Florianopolis.
Perché la domanda che ci viene da chiederci, di fronte ad uno scenario internazionale a dir poco sconfortante, è «Che idea potranno mai farsi bambini e ragazzini della politica e in che modo è possibile avere un peso sul destino del proprio paese, ma in un’epoca ormai globalizzata, sul destino del mondo?».
Questo libro può e deve essere uno spunto interessante perché è già stato di per sé confronto e dibattito che si è protratto lungo il corso di cinque laboratori. Ed è assolutamente illuminante sul fatto che non si possa parlare di politica senza passare per una dinamica di rapporti di approccio, di dialogo e confronto aperto e rispettoso dell’altro su qualsiasi tipo di questione che riguardi il convivere in una società rispettosa dei diritti di ognuno.

Il libro si apre, come ho già detto, con questo espediente intelligentissimo di trattare la questione a partire da un tema estremamente delicato quale è quello dell’approvvigionamento all’acqua. Un tema di una portata enorme e che riguarda tutti, in prima persona.
Nella storia, il leone ha deviato il corso del fiume per costruire una sua piscina personale. Questa scelta naturalmente troverà non poche proteste fra gli abitanti della giungla. Che organizzeranno prima uno sciopero, per manifestare il proprio dissenso, per poi giungere alla decisione di indire un nuovo governo, con la necessità di organizzare nuove elezioni, un programma elettorale convincente, partecipare ad una più o meno corretta campagna elettorale (tentativi di corruzione avvengono anche qui). Per approdare ad un finale che non svelerò nei dettagli perché toglierebbe il gusto di leggere la storia e il piacere di incedere nel discorso del candidato premier.
Una storia che ho trovato scritta con una grande padronanza e strutturata e corredata di un glossario sui termini più tecnici riguardanti il linguaggio della politica.
Lo considero come una delle uscite più interessanti di questa prima parte 2019.

