Quella del micromosaico è una tecnica relativamente recente. Si conosce addirittura il luogo e l’anno esatto: Roma, 1775. Fu il mosaicista Giacomo Raffaelli a inventarla, “filando” il vetro, spezzandolo in piccoli frammenti e poi andando a comporre paesaggi o ritratti.
Fornitore di tessere di vetro per il Vaticano, Raffaelli, da buon uomo d’affari, decise di presentare la sua invenzione in occasione di uno dei più grandi eventi del secolo, il Giubileo, e infatti i micromosaici — suoi e di tutti quelli che presto cominciarono a imitarlo — andarono a ruba tra i pellegrini che venivano dal resto d’Europa e, essendo tascabili, venivano pure acquistati come souvenir da tutti quegli artisti, letterati e nobili che giravano l’Italia per il classico Grand Tour.
Una delle più belle collezioni di micromosaici fa oggi parte del fondo Rosalinde and Arthur Gilbert, conservato presso il prestigioso V&A Museum di Londra, che ha girato un piccolo documentario per mostrare il complicato, affascinante e lungo lavoro (tre mesi per completare l’opera protagonista del video) che c’è dietro.