Scrisse Kazimir Severinovič Malevič, il padre del suprematismo russo, nel 1914: «Il piano rettangolare dell’immagine indica il punto di partenza del Suprematismo; un nuovo realismo del colore concepito come creazione non oggettiva. Le forme dell’arte suprematista vivono come tutte le forme viventi della natura. Questo è un nuovo realismo plastico, plastico proprio perché manca il realismo delle colline, del cielo e dell’acqua. Ogni forma reale è un mondo. E qualsiasi superficie plastica è più viva di una faccia (disegnata o dipinta) da cui un paio di occhi e un sorriso ti fissano».
Prendendo alla lettera le parole di Malevič, il fotografo e art director ungherese Balázs Csizik ha realizzato una serie intitolata Waste Suprematism, nella quale un mucchio di rifiuti — perlopiù di plastica — trovati in spiaggia formano composizioni che rimandano appunto all’estetica suprematista.
Molto abile a sintetizzare, nelle sue opere, immagine fotografica e segno grafico — com’è evidente dal suo portfolio, Csizik spiega che «questa serie si basa sul senso di colpa che c’è nel trovare la bellezza in questi pezzi di plastica colorata, nonostante si tratti di spazzatura e rappresenti una delle più grandi sfide che l’umanità deve risolvere: ridurre l’inquinamento degli oceani». Per questo motivo, prima di raccoglierli e buttarli nell’apposito cassonetto — il fotografo saggiamente documenta anche la fase finale, e più importante, del suo progetto: fare pulizia — Csizik prova a creare qualcosa di interessante con ciò che invece è dannoso per l’ecosistema.

(fonte: behance.net)

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