Lei è delicata nei suoi anni giovani, è un po’ triste, fa la contabile ma il suo sogno è illustrare, è sola, non ha un amore.
Mentre in copertina il vento soffia* tra i capelli di Florence — protagonista dell’app omonima costruita da Mountains e sviluppata da Annapurna — noi siamo già dentro la storia che, grazie a meccanismi interattivi vari e validi, ci rende istantaneamente partecipi preservando lo stupore.
Detta così sembra una cosa da poco, in realtà non è affatto banale riuscire a legare le mosse (richieste a noi) al racconto della vita di Florence, e penso che aver saputo attribuire a questa app un’andatura narrativa così fine ed equilibrata sia un risultato letterario davvero raffinato.
Capitolo primo, Vita da adulti.
spegnere la sveglia — fatto
spazzolare i denti — fatto
viaggiare in metro ballonzolando con le cuffie in testa — fatto
consultare la chat — fatto
fare i conti con lei in ufficio — fatto
inserire il dialogo nella telefonata con la madre — fatto
mangiare in solitudine davanti alla tv — fatto
a fine giornata, ancora lavaggio denti e letto — fatto.
Piombare con un tuffo secco nella routine di Florence — fatto.
L’app si sviluppa in capitoli di vita, si insinua nel lettore con il ritmo lento di Déjeuner du matin di Prévert fra note di violino, violoncello e pianoforte; ci tiene legati lì fino alla fine seguendo la struttura essenziale del racconto per immagini, nella conquista continua dei passaggi che fanno scoprire le sue giornate.
È una love story, ordinaria, pungente, di quella normalità immensa che non si dimentica.
Girando l’orologio passano i mesi e le stagioni, passano i ricordi e i giochi da bambina, i compiti, la madre severa, le migliori amiche che crescendo si allontanano.
Un giorno, mentre Florence è immersa nella sua vita social e ha le cuffie calate sulle orecchie, la batteria del telefono si esaurisce, allora se le toglie e, a orecchie nude, viene travolta dal suono del mondo intorno a lei (bello questo passaggio per nulla moraleggiante o retorico, anzi attuale, è quello che oggi può capitare anche a noi).
Si mette in ascolto e segue, in volo leggero, le note provenienti da un violoncellista di strada; la portiamo noi verso la musica, dietro l’angolo, in un’anonima piazzetta ad incontrare il musicista, una persona a sua volta sola.
La grazia e il disinvolto splendore dell’app Florence sono nella musica, nelle illustrazioni nei riquadri, nel tratto, e nell’uso di interattività e colori incredibilmente funzionali e suggestivi.
Un azzeccato escamotage (due rotelle da allineare fino alla combinazione perfetta) anima le tavole della sua caduta dalla bici, uno scontro cui segue l’incontro con l’artista.
Tocca ancora a noi ricomporre le immagini sfocate dopo la botta presa cadendo e dobbiamo capire come rimettere a fuoco la bici, Florence e il giovane per poter procedere, mentre limoni libri e sacchetti volano in aria.
I due giovani si guardano e si piacciono. In una simulazione potente di dialoghi senza parole noi ricomponiamo pezzi di puzzle nelle nuvole, diversi per quantità e colore secondo l’intensità della conversazione e il livello di intimità cui giungono, mentre noi facciamo parte della storia intuiamo la tenerezza dei loro primi appuntamenti.
Sono innamorati, lui trasloca a casa di lei, condividono sogni e progetti, ridono molto, tutto è naturale mentre noi togliamo oggetti e cibi dagli scaffali della cucina di Florence per far posto a oggetti e cibi di Krish (questo è il nome dell’amore), poi trovano una routine, il tempo passa, l’amore…
Come finisce? Si lasciamo? Restano?
Eh, non me la sento.
Di sicuro resta il ricordo felice di un grande amore, e una vita nuova che porta l’energia per tirare fuori dai cassetti i sogni antichi e — a noi che tanto abbiamo partecipato — resta anche un viaggio dolce in una forma di narrazione originale e acuta.
E in chiusura il vento continua a soffiarle fra i capelli.
* Le parole indicate da questo carattere sono quelle in cui nell’app il movimento è effettivo.