Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018 (courtesy: Bao Publishing)

Il piccolo vagabondo

Chi non si è sentito almeno una volta nella vita sperduto e disorientato? Alla ricerca di una via da percorrere o da recuperare? In attesa di qualcosa che stenta ad arrivare o con la sensazione che questo qualcosa manchi alla propria vita e per lo stesso motivo sia difficile connettersi o viverla a pieno?

Se così è stato anche per voi, di certo sarete toccati nel profondo, come è capitato alla sottoscritta, da Il piccolo vagabondo, fumetto uscito a marzo per i tipi di Bao Publishing (qui una preview).

Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)

L’autrice è la giovanissima Crystal Kung, nata in Cina, ma ora di base a Taipei. Proviene dal mondo dell’animazione (3D e character designer) – Il piccolo vagabondo ne risente decisamente, con le sue inquadrature cinematografiche e i colori tenui che ne esaltano le atmosfere incantate – ed ha un passato ed un presente cosmopolita, che ha finito per confluire nella sua opera.

Tutti i personaggi, infatti, abitano luoghi agli antipodi del mondo, eppure tutti sono accomunati dalla stessa condizione esistenziale: ritrovarsi smarriti.
C’è chi si è perso in un deserto del Tibet fitto di ideogrammi come in Karma, chi ha perso il proprio sorriso a New York come in Autoritratto, chi cerca da una vita l’amica d’infanzia a Xi’an come in Lanterna.

Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)

A giungere in loro soccorso è appunto il piccolo vagabondo, presenza fra il reale e l’onirico che aiuta i protagonisti a ritrovare la propria strada. Bimbo serafico che appare e scompare fra la folla, in una dimensione temporale sospesa, ed instaura un dialogo muto con i personaggi che si fa allo stesso tempo dialogo con noi stessi, con quella parte di noi che qualche volta ha vagato in solitudine, fragile e vulnerabile.

Catalizzatore di azioni e di sentimenti, si palesa alla bisogna senza disvelare la propria identità, sostenendo con il suo aiuto quando è necessario e tornando da dove è venuto, senza alcuna spiegazione, una volta che il suo incarico è portato a compimento. Lasciando dietro di sé una scia di tenerezza e mistero.

Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)

La stessa autrice ci spiega, nel capitolo Genesi, che durante l’elaborazione del libro si è stabilito un forte transfert con la figura del piccolo vagabondo: «Non è che la proiezione di me stessa, sempre in viaggio di città in città […] Il piccolo vagabondo è proprio come una stella che indica la strada ai viandanti che si sono persi. A chi si è smarrito dice che ovunque c’è una casa per il vagabondo, e che si può appartenere a qualsiasi luogo».

Come ho lasciato trapelare, Il piccolo vagabondo è costruito tutto sulle immagini — le uniche parole che ricorrono sono le didascalie che introducono i vari capitoli — eppure restiamo talmente colpiti dalla storia da un punto di vista visivo ed emotivo, che non ce ne accorgiamo neppure e, anzi, quasi finiremmo per considerarle superflue. A conferma che Crystal Kung, qui al suo esordio, ha saputo costruire una storia di forte equilibrio.

Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)
Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)
Crystal Kung, “Il Piccolo Vagabondo”, Bao Publishing, marzo 2018
(courtesy: Bao Publishing)
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