Come è noto la natura ha perfezionato tre mosse indispensabili per la riproduzione umana: rapporto sessuale con concepimento-gravidanza-parto.
E come è noto è bene parlare di questi argomenti con i bambini, rispondere alle loro domande per dialogare di sessualità, etica, natura, vita, scienza e sentimenti. Quando è possibile, giova non liquidarli con spiegazioni approssimative o strambi giri di parole, meglio chiamare organi e meccaniche con il loro nome, con linguaggio semplice per dare informazioni e non creare confusione, lasciando le api agli entomologi, le cicogne agli ornitologi e i cavoli in pace nell’orto.
Infatti, quando un bambino esplora il proprio corpo, fra la pancia e le gambe, non trova un fagiolino ma un piccolo pene, e se guarda il seno della madre non vede due meloni (che sia comunque benvenuta l’ironia!).
Quindi, dal rapporto sessuale all’inseminazione artificiale è utile parlare di tutto questo con i più piccoli, soprattutto quando questi argomenti pesano nella formazione di principi e condotta.
Fin dai tempi antichi in tutte le società sono state abbracciate combinazioni che deviano dalla linearità del crescere con la madre che ci ha tenuto in grembo, e, estendendo il tema, in anni recenti — tramite avanzate tecniche di procreazione assistita — persone nell’impossibilità di procreare hanno potuto diventare genitori.
Mi riferisco qui a quello che viene definito utero in affitto e di come parlarne con i giovani.
Fra i libri per ragazzi ci sono pubblicazioni che, con approcci anche molto diversi, raccontano che si può crescere in una pancia per l’incontro dei semi delle stesse due persone che saranno genitori nella vita (o almeno una delle due) ma che si può anche crescere in una pancia che non corrisponde necessariamente alla futura madre; che si può essere adottati, affidati, separati, crescere vicini o lontani da chi ci ha partorito. Quanto vicino, quanto lontano?
Una di queste pubblicazioni, audace per il nostro paese, è l’albo del 2013 di Edizioni Estemporanee, in doppia lingua italiana e inglese, Un posto per me — di Chiara Mezzalama, illustrato da Aline Cantono – che racconta di due donne, due presenze, due madri.
Un libro che ottiene un effetto di valore: riesce a far scricchiolare eventuali pregiudizi sulla fecondazione assistita e invita a frenare intime e umane severità di pensiero che vacillano per la brezza dolce della storia.
Niente male davvero, se si pensa che è un libro per bambini. Chiede di metterci da parte, di sradicare da noi le verità assolute e le convinzioni individuali per ascoltare una voce lontana: la voce di una bambina nata da una mamma che l’ha portata in pancia per nove mesi e poi l’ha data a un’altra donna di cui quella bambina aveva il patrimonio genetico. Una donna cova, una donna alleva.
Non contano qui gli aspetti economici o legali dell’accordo fra quelle due persone. È più interessante trovare in questa storia il canto quieto di una voce insolita nella letteratura per l’infanzia. Qui voce serena, nostalgica, felice, la voce di bambina molto desiderata e molto amata.
Il ritmo naturale delle parole è rispettoso, avvolgente, ha una morbidezza decifrabile dal tono ancestrale e non drammatico.
Nei risguardi del libro solo un piccolo cuore che torna, nelle illustrazioni a collage, sulle bocche di entrambe le donne e nel corpo della nuova vita.
C’è il dolore struggente della donna che desidera un figlio e soffre per il vuoto e ci sono la leggerezza e il tepore della donna che può averne, che si fa culla accogliente.
I miei genitori si sono incontrati sotto la luce di un microscopio. Si sono amati su un vetrino. C’era molta, moltissima luce. Poi di nuovo il buio.
…
Sono uscita dalla pancia di una donna scura, con gli occhi neri e i capelli corvini… Ma io sono bianca come il latte, ho gli occhi chiari come l’acqua limpida di un lago… La donna che mi ha stretto tra le braccia quando sono nata è una donna bianca con gli occhi dello stesso colore dei miei.
Lei mi voleva già bene da prima ma all’inizio io non l’ho riconosciuta.
Nelle parole della bambina c’è la percezione del prima e del dopo la nascita; c’è un mondo tutto suo, segreto, di colori, sapori di spezie e musicalità, c’è il tintinnio dei braccialetti di colei dentro la quale è cresciuta e poi c’è l’incontro con il viso di colei di cui ha i geni, il suo futuro, la sua famiglia, il suo viaggio sulla terra.
Due mondi che non hanno bisogno di trovare una sintesi per la felicità, hanno solo bisogno di essere accolti e ascoltati.
Si può parlare così, semplicemente, con i bambini (forse anche con gli adulti) partendo da una storia vissuta, da una voce viva e serafica.