La rivista Andersen ha appena dedicato un numero monografico (il numero di luglio/agosto) alla figura di Don Milani e in particolare a Lettera ad una professoressa, che veniva pubblicata cinquant’anni fa e che, per le sue caratteristiche, divenne un piccolo testo rivoluzionario.
Elaborata da Don Milani insieme ai suoi ragazzi, riuscì a valicare i confini di Barbiana per aprire una riflessione a livello nazionale sulla questione della cittadinanza e dell’istruzione, anticipando quello che sarebbe stato il dibattito culturale che di lì a breve avrebbe portato al ’68, offrendo spunti e visioni che, per certi versi, possono ritenersi aperte ancora oggi.
È proprio grazie a questo numero della rivista che ho scoperto Il maestro di Fabrizio Silei e Simone Massi pubblicato dalla casa editrice Orecchio Acerbo e Premio speciale dell’edizione 2017 del Festival della Mente di Sarzana.
Fabrizio Silei è autore affermato di albi, saggi e narrativa per bambini e ragazzi. Nel 2014 è stato insignito del premio Andersen come “Scrittore dell’anno” e per Orecchio Acerbo ha pubblicato Fuorigioco e L’autobus di Rosa, illustrati da Maurizio A. C. Quarello.
Simone Massi, da parte sua, è considerato uno dei principali autori di cortometraggi di animazione italiani con oltre 200 premi vinti a livello nazionale e internazionale. Sempre per Orecchio Acerbo ha curato le illustrazioni de La casa sull’altura, di Nino De Vita, e di Buchettino, su testo di Chiara Guidi. Oltre ad essere l’ideatore e il direttore artistico di Animavì, Festival internazionale del cinema di animazione poetica.
Tornando a Il maestro, le immagini di Massi ci introducono alla storia con la durezza delle acqueforti su zinco. Bianchi e neri spinti al contrasto estremo. Bulino che scava il metallo, come l’aratro scava i solchi nel terreno, trascinato dai buoi. Ogni mattina, da secoli.
Ci sono riti che vanno rispettati. Presentarsi puliti davanti al padrone del casale, cappello in mano. L’obbedienza, sopra ogni cosa. Chinare la testa e guardarsi le scarpe sfondate. E rispondere sì, davanti ad un foglio di carta che non si sa leggere. Anche se siamo negli anni ’60.
Eppure esistono «maestri che masticano bambini e sputano uomini». È questo che il padre confida al ragazzino protagonista, mentre salgono a fatica il pendio che li conduce a Barbiana.
Si può sperare in un destino diverso. Quel destino è un prete: Don Milani.
Il suo fare burbero, «quel modo che ha di farti dire le cose che poi ti escono e tu nemmeno le volevi dire». E questo vuole dire pensare. E pensare è più importante e viene prima di saper leggere e scrivere.
Giungono direttori di giornali, persino gendarmi, perché il prete è scomodo ed è stato mandato lì al confino. I ragazzi imparano cosa siano la responsabilità, l’impegno civile, il privilegio e, per contro, il diritto.
Col procedere delle pagine, persino le immagini e le didascalie si fanno più luminose ed ariose, come se la possibilità di esprimersi, una volta cresciuta grazie agli insegnamenti del “prete matto”, non le relegasse più agli spazi angusti che abitavano in principio.
Fino a che l’albo giunge al suo compimento con la conquista della corrente elettrica da parte del piccolo podere, simbolo luminoso della coscienza dei ragazzi di Barbiana. E con la morte di Don Milani, che ha lasciato loro in dono qualcosa che non potranno perdere mai: la consapevolezza della propria ed altrui dignità.