© Martina Lucy Zanin

Slideluck Instagram Contest: intervista a Martina Lucy Zanin

a cura di Slideluck Napoli

Slideluck è un’organizzazione artistica, internazionale e no-profit, che si dedica alla creazione e al rafforzamento del senso di aggregazione attraverso il cibo e la fotografia. Dal 2000 Slideluck ha organizzato eventi in oltre 100 città in tutto il mondo, che uniscono slideshow multimediali a cene creative. L’organizzazione funge da vetrina per l’esposizione di progetti innovativi e si rivolge a fotografi, curatori, collezionisti ed editor, in un contesto creativo.

Roberta Fuorvia e Teodora Malavenda, art e local directors di Slideluck Napoli, hanno lanciato, insieme a Francesca Bellino (curatrice dell’account @slidelucknaples) e Sasha Taormina (responsabile ufficio stampa) cinque contest con cui propongono ogni settimana un tema differente, invitando i fotografi a condividere i propri scatti con l’hashtag dedicato. A conclusione di ogni settimana viene scelta la foto più attinente con l’argomento proposto.

La fotografa scelta per la seconda settimana, con il tema #behaviour, è Martina Lucy Zanin, che è stata intervistata da Roberta e Teodora.

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© Martina Lucy Zanin
© Martina Lucy Zanin

Raccontaci lo scatto con cui hai vinto il primo contest Instagram indetto da Slideluck Napoli con il tema behaviour. Dove è stato realizzato, chi sono i soggetti ritratti e che significato gli attribuisci?

Il titolo dello scatto è Ridurre tutto al minimo, e ancora cercare, cercarsi, è partito tutto da questa frase, ho cominciato ad analizzarla sotto diversi punti di vista e mentre ragionavo, nella mia testa si è creata questa immagine. Ho pensato a quando ci si lega fortemente ad una persona e si vuole conoscere ogni cosa, andare in profondità, condividere tutto e cercarsi in continuazione, alla fine è come se ci si (con)fondesse in un unico corpo.
Lo scatto è stato realizzato a Passoscuro, una frazione a nord-ovest di Roma, sulla costa tirrenica. I soggetti, invece, sono una coppia di amici con cui collaboro spesso (Matteo Amendola e Vittoria Martini).

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Raccontaci il percorso che ti ha avvicinato alla fotografia.

Mi sono consciamente appassionata alla fotografia a 13 anni e da quel momento la voglia di approfondire una passione è andata crescendo,come sta facendo ora la voglia di riuscire a trasformarla nel mio lavoro. Ho scritto “consciamente”, perché negli ultimi anni, andando a scavare nella memoria, mi sono resa conto di essere sempre stata attratta dalla fotografia; in particolare c’è stato un aneddoto macabro, ma al contempo divertente, che ho ricordato: mia nonna paterna, quando ero molto piccola, per farmi passare il tempo al bagno mi dava una rivista in cui c’erano le foto di tutte le persone morte di mese in mese e mi piaceva tantissimo soffermarmi a guardare le foto dei vari visi ritratti.

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Dando uno sguardo al panorama fotografico contemporaneo, consigliaci i nomi di tre giovani fotografi da tenere d’occhio.

Coby Baker, Evelyn Bencicova e Marta Zgierska.

Vogliamo conoscerti meglio e capire cosa ruota intorno al tuo pensiero artistico. Vorremmo sapere da te il titolo di un libro, di un film e di una canzone a cui sei particolarmente legata.

Tutto ciò è veramente difficile.
Sceglierò un libro che ho letto quest’estate, a cui sono molto legata e che mi ha aiutata durante il processo del mio ultimo progetto personale: Lettera al padre di Franz Kafka.
The lobster di Yorgos Lanthimos, un film molto recente, essendo uscito l’anno scorso, che mi ha veramente rapita e che consiglio vivamente.
Nowhere man dei Beatles, loro che mi hanno accompagnato per tutta la mia adolescenza.

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Hai concluso da poco l’ISFCI [Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma, ndr]. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Stai già lavorando a qualche nuova “storia”?

Ho terminato recentemente un progetto autobiografico sul rapporto complicato (ormai inesistente) tra me e mio padre. Ho avuto subito delle piccole soddisfazioni potendolo esporre al FotoConfronti OFF e ricevendo due menzioni speciali da Portfolio Italia, ma non è ancora finita, per cui continuo a focalizzarmi su questo. Ma nel frattempo posso dire che sto lavorando mentalmente a diverse “storie”; non mi fermo mai, elaboro in continuazione.

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Cosa rappresenta per te la fotografia e qual è il genere e lo stile che prediligi?

In questo momento attraverso la fotografia analizzo e rappresento dei problemi interiori utilizzando la memoria e il confronto delle mie esperienze con quelle altrui. Perciò posso dire che la fotografia è un modo con cui esterno la parte interiore di me stessa, cercando sempre di rappresentarla con delle immagini che possano fare da specchio agli spettatori, ovvero, in cui ogni persona possa ritrovare una corrispondenza con se stesso.
Utilizzo molto il corpo nudo, mi piace creare delle ambiguità attraverso delle posizioni o prospettive particolari, o con l’aggiunta di altri elementi.

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Ci sono degli autori in particolare a cui fai riferimento?

Alcuni degli autori a cui faccio riferimento sono Sophie Calle, Moira Ricci, Ren Hang, Antoine D’Agata, Sebastian Beniek e Shae Detar. Non sarebbero solo questi, ma diciamo che sono i principali. Sono molto diversi fra loro, alcuni più di altri, e a ciascuno di questi, infatti, faccio riferimento in modo differente, dall’estetica al pensiero.

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