Una bambina dagli occhioni neri contornati da occhiaie profonde e con i capelli a caschetto verdi è seduta vicino a quello che sembrerebbe un cavalluccio a dondolo con la bocca cucita e le ali da libellula, mentre un teschio con le orecchie da coniglio, il panciotto e con l’occhio iniettato di sangue ha in mano un orologio da taschino.
Strani personaggi popolano il mondo dell’illustratore e regista Stefano Bessoni che a distanza di tre anni della sua mortifera rivisitazione del celebre libro di Lewis Carroll, dà vita ad una nuova edizione di Alice sotto terra, pubblicata da Logos Edizioni.
La storia è ambientata nel sottosuolo lontano dalla luce perché è «lì che si annida il perturbante […] è lì che si mettono a dormire i morti e si trovano le ossa. Sotto terra perché per Lewis Carroll era lì il paese delle meraviglie».
Una reinterpretazione dalle tinte dark, che fa rivivere sotto le sembianze di scheletri e anziani dagli occhi incavati, i celebri abitanti del paese delle meraviglie, con un fine richiamo intellettuale e visivo alla bellissima trasposizione cinematografica del regista ceco Jan Švankmajer del 1988.
Una predilezione dell’illustratore per il dettaglio da miniaturista medievale, con disegni un po’ inquietanti e fantastici come fossero immagini saltate fuori da qualche libro di anatomia, zoologia ed entomologia, dopotutto Bessoni, prima di iscriversi all’Accademia di Belle Arti e intraprendere la fortunata carriera da regista, era iscritto al corso di laurea in scienze biologiche, passione mai venuta meno nonostante la diversa strada professionale da lui scelta.
Alice Sotto Terra è un diario di viaggio tra sogni e incubi di un mondo sconosciuto, che permette di sondare profondità nascoste e misteri inconsci.
Basta chiudere gli occhi e respirare profondamente ed ecco che improvvisamente quell’universo popolato di personaggi irreali prende vita nella mente sognante del lettore, in cui fantasia e realtà si mescolano in un flusso indistinto di sensazioni inaspettate. Una realtà ribaltata ma concreta, che rispecchia la personalità dell’autore che sogna di «avere un coccodrillo come animale domestico» e che da piccolo voleva diventare un becchino, perché l’importante dopotutto è credere nell’impossibile.