Come è difficile combattere i propri demoni, si possono cercare di nascondere dietro quintali di pillole o bottiglie di alcool, di obnubilarli dietro pozioni da iniettare o da tirare su per il naso, si può cercare di trovare la propria strada a dispetto di tutto e di tutti, pagando un prezzo spesso alto ma necessario allo scopo.
Questo è quello che mi fa venire sempre in mente la furia ossessiva delle gocce di colore di Pollock, quelle macchie informi e bastarde lontane da un cavalletto e da una tavolozza da pittore posato.
Artista prezioso e irripetibile, unico nel suo genere, innovatore vero dell’arte e del sentire il colore, dell’immaginare un’arte slegata dai precedenti, un inventore di forma e di sostanza morto troppo presto mentre correva a casa dopo una notte di bagordi, tra bicchieri riempiti e svuotati troppo in fretta.
Un jazz struggente, avvolgente, onirico e catartico accompagna il corto di Léo Verrier in onore di Jack the Dripper, il gocciolatore Pollock. Ladro di stili e fagocitatore di sensazioni il Jack di Leo si muove in una cornice di sogno alla ricerca del suo stile, di una voce propria scoperta a suon di prove e furti stilistici. Un inno sincero e appassionato a un grande, a un irripetibile essere umano con cui avrei condiviso volentieri una sbronza e un po’ di follia ma non una corsa in auto.