
Per quanto possiamo negare l’esistenza del nostro lato più brutale e ferino l’uomo è un animale che ama e al tempo stesso profondamente repelle la guerra. Come mezzo di risoluzione delle diatribe, per schiacciare vicini scomodi e dirimere questioni a cui non si vuole giungere con il dialogo, l’uomo ricorre all’uso della violenza con una facilità spesso inquietante. La violenza è la nostra merce di scambio con il fato, quello che ci è negato per principio o caso viene conquistato a suon di morti ammazzati.
Dalla scimmia di Kubrick che impugna con aria sardonica l’osso da spaccare in testa alla prima sua vittima…
…al conflitto armato moderno il passo è relativamente breve. Una manciata di frammenti di tempo nell’evoluzione del nostro pianeta.
Dall’antico guerreggiare a suon di mazze ferrate e colpi di maglio al moderno uso di droni senz’anima e senza occhi, la guerra miete le sue vittime ogni giorno. Il prezzo da pagare è sempre stato alto, gli innocenti e i vinti subiscono l’onda d’urto delle conseguenze di un conflitto ma anche i conquistatori pagano caro lo scotto di tanta violenza.
I moderni soldati degli eserciti occidentali sono spesso ragazzi che per pagare l’università si arruolano nei marines o nei corpi speciali degli eserciti del mondo, la paga è buona e le possibilità quando non si proviene da ceti elevati sono sempre limitate. Nei teatri di guerra non ci vanno mai i figli dei ricchi, sono troppo impegnati a vivere una vita di lusso con i soldi dei padri e la responsabilità di combattere per il presunto attacco alla loro libertà la lasciano volentieri agli altri.

Nel progetto fotografico seguito dalla fotografa Lalage Snow in Afghanistan il concetto di cambiamento e evoluzione assume un significato chiarissimo. Tre foto per ogni soldato, una prima, una durante e una alla fine del servizio per testimoniare il profondo e radicale cambiamento della persona quando questa viene sottoposta a terribili condizioni di vita e di stress continuo in teatri di guerra.
Quello che impressiona maggiormente non sono tanto i naturali cambiamenti di peso o dei capelli a cui tutti, bene o male, siamo soggetti, ma il vero e profondo mutamento che subiscono gli occhi. Se è vero che gli occhi sono come finestre aperte sulla nostra anima gli occhi di tutti i soldati ritratti sono diventati dei pozzi di cose da dimenticare, di disagi e situazioni che nessuno dovrebbe mai vivere, un caleidoscopio in cui i colori hanno perso tutta la loro brillantezza.
Mi rimane comunque un dubbio atroce ma fortissimo, dove sono le foto di tutte le vittime invisibili di ogni conflitto?



