Carpano Dry Distillerie Branca

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Mentre si beve qualcosa ci dovrebbe sempre essere qualcuno (chessò, un esperto) a spiegarti quel che stai bevendo, come andrebbe degustato, da dove proviene e che storia ha dietro.
Avere la possibilità di farlo in un luogo come le Distillerie Branca di Milano, con un sommelier come Luca Gardini e dopo essere stati accolti dal Conte Niccolò Branca in persona, è tutta un’altra cosa.

Andiamo con ordine partendo dal presupposto che, citando la legge di Murphy, se qualcosa può andar male, andrà male.
Lo sciopero, le ore ad aspettare alla fermata, il bus che non passa e le migliaia di persone urlanti sull’unico che coraggiosamente riesci a prendere sono la prova che Arthur Bloch aveva ragione. L’importante, però, è arrivare a destinazione, soprattutto in giornate del genere.

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Le Distillerie Branca sono un pezzo di storia che fanno capire quanto siano importanti il retaggio, le materie prime di prima scelta e quanto tempo, energie e risorse la famiglia Branca abbia investito per arrivare ad essere una garanzia di qualità e italianità, soprattutto se pensiamo ai prodotti storici inventati dall’azienda: dal Fernet Branca creato nel 1845 al caffè Borghetti (la cui ricetta si tramanda dal 1860), passando per Brancamenta, prodotto rivoluzionario degli anni ’60, senza dimenticare il Punt e Mes, dalla storia leggendaria.

Si narra, infatti, che nel 1870 nella bottega Carpano, un agente di borsa preso da una discussione con i colleghi, ordinò il vermut corretto con una mezza dose di china, utilizzando l’espressione dialettale “Punt e Mes”. Da quel momento in poi gli “habitué” del locale iniziarono ad ordinare il Punt e Mes semplicemente facendo al barista il gesto del pollice alzato (un Punt) tracciando poi una linea orizzontale nell’aria (Mes).

La forza dell’azienda Branca è senza dubbio quella di rinnovarsi continuamente, implementando conoscenze provenienti da personalità di un certo livello come, per l’appunto, Luca Gardini, campione del mondo Sommelier. Con il contributo di Luca, infatti, è stato creato Carpano Dry, nuovo arrivato nella famiglia del Vermut Carpano (nato nel 1786 e alla cui realizzazione si dice che abbiano partecipato sempre e solo tre persone, ognuna delle quali sapeva una parte della ricetta senza essere a conoscenza delle altre due) che, in questo nuovo prodotto, si caratterizza per il gusto secco, composto da Assenzio coltivato in Italia e dal Dittamo Cretico, una pianta erbacea dell’Isola di Creta.

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Sia il Conte Niccolò Branca che Luca (il quale per l’occasione ha creato l’Italian Dry Cocktail, realizzato con ingredienti quali rosmarino, olive verdi e limone) ci hanno spiegato minuziosamente quanto sia importante utilizzare materie prime pregiate per poter arrivare a creare dei prodotti di qualità come il nuovo Carpano Dry, e quanto sia importante la semplicità sia nella realizzazione di un nuovo prodotto che nella vendita dello stesso, per riuscire a soddisfare il cliente, ovviamente, ma soprattutto per far si che lo stesso, ancor prima, desideri comprare e provare quel prodotto.

Sull’utilizzo delle materie prime, poi, ci sarebbero centinaia di cose da dire, che riassumo con una frase detta da Luca: «siamo noi i primi responsabili dei prodotti che la nostra terra ci dà. Non solo nell’utilizzo che ne facciamo, ma nella maniera in cui li produciamo».

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Ovviamente dalla presentazione siamo poi passati alla degustazione, non solo del Carpano Dry, ma dello stesso utilizzato in diversi cocktail (ebbene sì, li ho assaggiati tutti), creati sapientemente da barman esperti (e a questo proposito vorrei ringraziare Alessandro Melis per aver risposto alle mie infinite domande e per ogni delucidazione che mi ha dato su ogni cocktail).

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Abbiamo poi avuto la possibilità di visitare il Museo Branca e di percorrere, così, la storia dell’azienda: in questa superficie di oltre 1.000mq, infatti, si trovano i registri dei dipendenti dell’azienda del 1930, un armadio pieno di imitazioni del Fernet Branca, i famosi manifesti pubblicitari degli anni Sessanta/Settanta, le storiche rassegne stampa, la collezione delle diverse bottiglie dei prodotti create nei vari decenni e un’aquila gigante spedita dalla Danimarca interamente composta da bottiglie mignon di Fernet, per dirne alcune.

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Va da sé che una degustazione del genere a pranzo è impegnativa e va da sé che raggiungere qualsiasi luogo di Milano durante uno sciopero ti regala indimenticabili attimi di delirio ma, vi dirò, una volta usciti dalle Distillerie Branca non solo il sole continuava la sua opera di positività spirituale, ma anche i mezzi erano dalla nostra e avevano ripreso a funzionare correttamente.

Arthur Bloch si sbagliava.

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