«Il pennarello sa dove sta andando», dice Shantell Martin.
Giovane ma già premiatissima artista, lei disegna su qualsiasi cosa. Sugli abiti, sulle sue scarpe, sulle auto, sui muri, sulle porte e le vetrine. E il disegno diventa una sorta di lavoro sulla propria psiche, un “flusso di coscienza” illustrato che funziona esattamente come quello letterario.
«Quando c’è altra gente coinvolta adoro usare i colori ma quando ci sono solo io, davanti a una superficie vuota, allora uso il nero», racconta alle telecamere del New Yorker. Qualche settimana fa il celeberrimo magazine radical chic è entrato nel suo studio di Brooklyn, dove Shantell Martin—che viene dalla Central Saint Martins di Londra—si è trasferita cinque anni fa. Prima ancora aveva passato qualche anno a Tokyo, dove lavorava principalmente nella scena musicale, con performance di live drawing durante concerti ed eventi nei club. All’epoca per i suoi lavori più personali preferiva una semplice agendina e un tratto ultrasottile che la costringeva ad avvicinarsi il più possibile al foglio e al flusso di coscienza che usciva dalla penna.
Ora che si è trasferita negli Stati Uniti—a dimostrazione di quanto quel che esce da penne e pennarelli dipenda da ciò che l’artista sente ed è in quel momento—le sue opere hanno iniziato a ingrandirsi: più largo il tratto, più grandi le superfici, non è più una mano né un braccio che si spostano ma tutto il corpo.
«Quando sono arrivata in America, tutto era così grande», racconta l’artista. «Quindi mi è venuto naturale espandermi». E il pennarello continua ad andare. E sembra non fermarsi mai.