Praio | FW2013/14

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Questa è la storia di un’azienda in cui tutti i membri della stessa famiglia sono mossi dal comune intento di far crescere, giorno dopo giorno, un’attività in cui hanno riposto sogni, speranze, passioni e soprattutto tanto tanto lavoro.
Una storia come tante, specie in Veneto dove le attività a conduzione familiare, con i loro pregi e i loro difetti, hanno per molti anni fatto la storia e la fortuna di un territorio produttivo che ora, per contrasto, risente della crisi più di altri.

Tuttavia questa è una storia un po’ particolare, un po’ al contrario.
Mi spiego meglio: le aziende familiari a cui siamo abituati vedono la creazione delle stesse da parte dei genitori e il subentro, in un secondo momento, dei figli. Tutto già visto. E che intendiamoci può funzionare benissimo. Come nel caso di Alice Lunardi, figlia dei titolari di Lazzari che ha dato una spinta nuova, giovane e raffinata al brand, diventandone la stilista.

In questo caso, invece, è stato il figlio Riccardo Manente a creare il marchio Praio e a coinvolgere i suoi genitori, già impegnati in altri mestieri, nella sua attività.
Ho avuto modo di incontrarlo di recente questo imprenditore classe 1977 che vanta un curriculum vitae di tutto rispetto. Infatti Riccardo per molti anni si è fatto le ossa in realtà del calibro di Dolce & Gabbana e Dsquared2, arrivando a ricoprire ruoli manageriali di alto livello, sempre però con il desiderio di creare una sua azienda. E racconta orgoglioso di averlo fatto partendo con 2500€ di capitale sociale.
Un marchio, il suo, che ha il sapore di famiglia anche nella genesi e spiegazione.

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Il praio è infatti un pesce, il pesce che Riccardo sognava di pescare a Linosa, sopra Lampedusa, seduto su una “spadara” durante le sue vacanze estive presso gli amici Paola ed Edmondo.
E proprio Paola ed Edmondo sono stati i nomi dati ai primi due modelli di jeans, creati dalla Praio.

Il risultato è un nome italiano, facile da ricordare e di immediato appeal.
E un pesce d’altra parte è il simbolo stesso del brand, riportato anche sul retro dei jeans e accompagnato dalla cifra 969. Una numerazione che è un richiamo alla data di nascita del suo titolare (6 del 9) e allude all’obbiettivo di questo nuovo brand tutto italiano. Arrivare a 969 collezioni. Almeno.
Perché l’ambizione e la grinta sono le prima qualità di Riccardo Manente a colpire appena lo si conosce, queste insieme ad una grande umiltà, tipica di chi sa cosa vuol dire lavorare e soprattutto faticare per realizzare i propri sogni, con un grande spirito di sacrificio.

Necessaria la consapevolezza che, in questo periodo storico, un prodotto per essere comprato deve distinguersi dagli altri ed essere portatore sano di un valore aggiunto. E le basi per il successo della Praio sono l’innovazione e la competenza.
Edizioni limitate dove un grande studio si cela dietro ad ogni dettaglio, dal polsino fatto in modo che se i pantaloni si accorciano rimane invariato, ai rivetti e i bottoni. In particolar modo la minuteria metallica dei jeans Praio è stata scovata da Riccardo Manente, ormai dimenticata, nei magazzini delle fabbriche specializzate del suo territorio, il Veneto, e riportata così a nuova vita con il riciclo.

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Nell’ottica di proporre al consumatore un articolo rigorosamente made in Italy in ogni sua parte e passaggio.
Un prodotto unico e fresco le cui parole chiave sono colore e confort, grazie all’idea di utilizzare un tessuto jersey di felpa da lavorare e trattare come il jeans.

Persino io che non amo i jeans per via delle mie curve su cosce e lato B e che ho sempre preferito le gonne, che mi consentono di essere comoda oltre che femminile, una volta indossati i jeans Praio ne sono stata conquistata.

Ma ci è voluto del tempo a Riccardo Manente per ottenere il risultato attuale e capire come perfezionare e ottimizzare ogni passaggio: per esempio la lavorazione di jeans e il tessuto di felpa inizialmente facevano sì che le cuciture si strappassero durante il lavaggio.
E proprio per conoscere il prodotto a tutto tondo, Riccardo ha studiato da vicino la materia, toccandola con mano e passando molto tempo in fabbrica e in sartoria, per ampliare la sua già rodata conoscenza di marketing e vendita. E parla affascinato e con entusiasmo di numero di lavaggi e tinture e di ore di riposo necessarie per rendere il tessuto più elastico.
Perché Riccardo Manente quello che propone al pubblico lo sente, lo respira e crede in un target consapevole dei suoi sforzi e della sua tensione verso il made in Italy.

Considerato che, come afferma lui stesso, “non basta più il nome, il consumatore nel mondo di internet e dei social è bene informato, bisogna avere qualcosa da comunicare”. E questo è il messaggio che passa anche agli studenti del suo corso di Brand Managment allo IED.
Molti i riconoscimenti e l’interesse, anche internazionale, per questo brand giovane che inventa e sperimenta un nuovo modo di fare e portare i jeans utilizzando il jersey, e che ha esposto di recente al Premium di Berlino e al Super a Milano, in occasione della Milano Fashion Week.

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