Esiste la geometria senza geometri? Sì, bastano gli artisti
Prima che arrivassero i geometri e gli architetti, i righelli e i compassi, il teorema di Pitagora e quello di Talete, il 4 in analisi e le professoresse acide, la geometria e la matematica esistevano già. Basta guardare un giardino per vedere parabole e integrali, π e sequenza di Fibonacci, numeri primi e sezioni auree. E, con un soffio di vento, ecco entrare in gioco variabili e costanti. L’avanzar del sole? Arrivano le proiezioni. Piove? Calcolo delle probabilità e riflessi, distorsioni, dunque angoli, raggi e ancora formule su formule.
È già tutto lì. Fuori dalla finestra. Basta un occhio che sappia osservare e, soprattutto, semplificare. Ci riescono gli ingegneri con velleità poetiche, ci riescono i matematici innamorati, ci riescono pure gli artisti. Ma solo quelli bravi.
E una collettiva prova a metterli insieme (gli artisti; ingegneri e matematici sarà per la prossima…), con installazioni create ad hoc per l’evento che porta il rigoglioso titolo di Garten—termine di teutonica origine che a sua volta arriva dal francese e prima ancora dal latino, per indicare uno spazio chiuso, recintato, finito: «mio caro vicino se becco di nuovo il tuo cane farla nel mio hortum gardinum je tiro un lapis sulla capoccia a lui e uno a te», dicevano i romani.
Trovare il Garten, con la t, dove meno te l’aspetti
Dal 10 maggio al 2 giugno prossimi Garten animerà inter ed extra gli spazi di Superground, ex-mensa operaia lasciata in disuso per quindici anni e rimessa in sesto (ed ecco che tornano geometria e matematica) dall’associazione culturale Art Kitchen, che insieme a Giuliana Tammaro cura il progetto al quale partecipano 11 artisti al lavoro sul rapporto natura/geometria, sul verde urbano e sul cosiddetto Terzo Paesaggio, concetto elaborato da uno dei più noti paesaggisti a livello mondiale, il francese Gilles Clément.
A questo punto è necessaria una parentesi: cos’è il Terzo Paesaggio? E soprattutto quali sono i primi due?
Clément parla di un primo paesaggio, il bosco, di un secondo paesaggio, i campi, e di un terzo, gli spazi abbandonati dall’uomo.
Il primo è luogo di oscurità, densità, ombra. Il secondo di luce e di vuoto. Ma, in entrambi, l’azione inesorabile dell’uomo ha sradicato la biodiversità. Che invece, paradossalmente, ritorna in quegli spazi che l’uomo ha abbandonato: gli spazi residuati, incolti, indecisi, dove l’uomo non agisce più e dunque pronti ad essere riconquistati da piante e insetti.
Teoria provocatoria, quella di Clément, che in pratica sostiene che la via giusta sia quella del non far nulla, del non risistemare, ripensare, riqualificare gli spazi in abbandono e lasciare dunque alla natura il compito di accaparrarseli.
Ma gli artisti non sono giardinieri
O almeno, di quelli che ho conosciuto, tra 108, Andreco, Alberonero, Dem, Geometric Bang, Martina Merlini, Moneyless, Tellas—a cui è affidato l’interno dello spazio Superground—e 2501, Mirko Canesi e Corinna Farchi—che invece prenderanno, rispettivamente gli spazi esterni del Giardino condiviso di via Bussola 6, la Chiesetta San Protaso in via Lorenteggio ed il Parco Teramo di via Campari 10—nessuno l’ho mai incontrato con paletta e annaffiatoio in mano eppure con i loro lavori interpreteranno i concetti chiave alla base dell’evento, arricchito tra l’altro da interventi di associazioni milanesi e da un bookshop a cura di copy/copy, giovane realtà (anche qui c’è lo zampino della succitata Giuliana Tammaro che a proposito di zampino e di natura, nell’homepage del sito ha un gattino) che ha all’attivo l’organizzazione di un bell’evento come Micro.
QUANDO: 10 maggio – 2 giugno 2013
DOVE: Superground | via Bussola 4, Milano | mappa | facebook










