7 opere e 7 domande, alle 7 di mattina, ad illustratori che si svegliano presto o non sono ancora andati a dormire.
Oggi è la volta di Giovanni Robustelli.
Ciao Giovanni, di dove sei, quanti anni hai e da quanto fai l’illustratore?
Sono nato a Vittoria nel 1980, quindi ho 33 anni. Dipingo e disegno da sempre e la mia prima mostra ufficiale risale al ’95.
Quando ho finito l’università ho potuto finalmente vivere (anche professionalmente) solo con la mia arte.
Matita o penna grafica?
Se la scelta è la sublimazione tra due mondi, “tradizionale” o “digitale”, allora scelgo decisamente il “tradizionale”.
Vivo perennemente con l’ansia che prima o poi avvenga una catastrofe nucleare e allora rimarrei molto male sull’impossibilità di usufruire della tecnologia a cui mi ero abituato. A parte gli scherzi (ma non troppo), credo che sia impossibile prescindere dall’empatia della tecnica, dalla forza del gesto e dalla sua irripetibilità che influisce decisamente sulla “scelta”, sui percorsi, sulla preziosità del tempo.
Cosa fai quando non disegni?
Dormo (ma prima di spegnere l’abat jour sul comodino leggo per prendere sonno).
Cosa c’è sulla tua scrivania?
Dipende quale! Il mio studio (che non è a casa mia ma uno spazio indipendente) è pieno di grandi tavoli (fatti fare apposta), ognuno dedicato ad una tecnica specifica: il tavolo per la china, per l’acquerello, per le penne a sfera bic; e poi diversi cavalletti che vanno dal piccolo treppiede al cavalletto per tele di 6x3m (usato un paio di volte). Sono proprio tradizionalista!
Un disegno pesa quanto…
Quanto un’emicrania.
Un libro di cui vorresti illustrare la copertina e un film di cui vorresti fare il poster.
L’entusiasmo di creare un’immagine, di un libro o un film, per me è la conseguenza di un rapporto diretto con l’autore o il regista, dalla bellezza della condivisione e della stima.
Un illustratore o un’illustratrice che mi consiglieresti?
Sergio Toppi. Non c’è nulla che possa aggiungere alla incredibile bibliografia a lui dedicata, e neanche specificare per quale motivo lo consigli. Posso solo condividere con voi l’emozione che ho provato nell’averlo conosciuto, nell’aver esposto con lui, e nell’aver condiviso idee ed esperienze. Grazie ad Eduardo Simone, a Spazio Papel e, ovviamente, a Sergio Toppi.