1pm | Arcangelo Dandini: intervista allo chef del Ristorante L’Arcangelo a Roma (Rm)

Ristorante L'Arcangelo
via G. G. Belli 59, Roma (Rm)
Tel. 06 3210992

Roma Caput Mundi e come tutte le Caput Mundi gente d’ogniddove ha percorso le sue strade, acceso un fuoco e messo su pignatta. La cucina capitolina è il parto progressivo di molte madri, cucina di popolo e cucina di corte ad un tempo e se oggi voleste cercarne un interprete vero dovreste recarvi in via Belli all’Arcangelo, di Arcangelo Dandini. Arcangelo è popolare e… cortigiano ad un tempo, la sua cucina è autentica e conserva il gusto naif della provocazione e dell’effetto. L’erede perfetto del Platina: scalco di tecnica, gusto ed erudizione.


Quanti anni hai, dove sei nato, da quanto fai il cuoco?
Ho cinquantuno anni, sono nato a Frascati (Rm) e faccio il cuoco o comunque mi occupo di cibo da più di trent’anni.

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Il nome del cuoco dalla cui cucina ti senti più distante e quello alla cui cucina ti senti più vicino:

Marc Veyrat, senza offesa, la sua sarà stata pure ”grand cuisine” ma distante millenni dal mio gusto personale. Vicino posso farne due? Salvatore Tassa e Fulvio Pierangelini.

La III media del tuo paese ha visto le ultime puntate di Master Chef e ne hanno parlato in classe. Al docente di italiano viene l’idea di far vedere ai suoi alunni come funziona un ristorante dal di dentro e li porta in visita al tuo ristorante. Cosa prepari loro per pranzo?

Uova al tegamino, carciofo alla romana, spaghettoni alla gricia, animelle burro e salvia e cicoria selvatica ripassata alla vaniglia e peperoncino.

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Dolce, salato, acido, amaro, quale scegli? L’umami non vale…
Dolce tutta la vita… P.s: l’umami non esiste, è una forzatura dei cinesi :)

Un incontro casuale ma hai la certezza che si tratti della tua anima gemella. Ti confessa un debole per il cibo gourmet, riesci ad invitarla a cena e ti giochi tutto su una singola preparazione. Un piatto tuo o un grande classico? Quale?

Torcione di foie gras, biscotto plasmon, granella di caramella d’orzo, sale affumicato di Maldon, un piatto che ho chiamato Anabasi.

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“Chilometrozero”, “buonogiustoepulito”, “naturale”, “artigianale”… quanta etica serve per fare un gran piatto?

Serve un grande senso  etico  ed  anche la giusta formazione e tecnica che ti dà la possibilità di cogliere il senso della qualità e di mantenere pulito e sano l’ingrediente attraverso la trasformazione.
Sono appena entrati in sala l’ennesimo ispettore di guida e, dopo pochi minuti, un tale che fa un sacco di domande e scrive compulsivamente sul suo cellulare; si siedono a tavola ed ordinano. Sotto la salamandra i piatti sono pronti, siamo agli ultimi ritocchi. Ti ricordi di aver in tasca per caso, guarda il caso, una boccetta nuova di pacca di guttalax ed il fondo di un flacone di veleno per topi… e sono tutti girati dall’altra parte…

Mi stimola  avere a che fare con clienti esigenti e curiosi purché non vadano oltre il limite dell’educazione, necessaria in un rapporto tra chi serve e chi sta a tavola. Dopo svariati anni ho imparato il controllo delle mie emozioni: allo stadio ci vado apposta, per tirare fuori il peggio di me altrimenti sarebbero dolori… per gli altri :)
P.s: ovviamente tifo Roma!

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