Alessandro Bocchetti, classe 1965, una vita spesa tra “bicipiti al banco e addominali a tavola”. Assaggia e scrive di vino e cibo per il Gambero Rosso e le principali testate italiane, con la sola fissazione di raccontare questo straordinario momento dell’enogastronomia italiana. Per Frizzifrizzi ha già scritto “12 cuochi per 12 mesi”.
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È ufficiale, il 21 il mondo non è finito, quindi ci tocca sicuro tutto il 2013, dodici mesi lunghi e faticosi, fatti di una lunga sfilza di bottiglie da portare in tavola. Mi sarebbe seccato finirla qui per tanti motivi, uno su tutti: una vita ad assaggiare e a prepararmi in attesa che qualcuno fuori dal nostro mondo di enostrippati si accorga di noi e poi cosa accade, che quando capita quei guastafeste dei Maya mi rovinano o la festa. Questo mi preoccupava da quanto ho risposto all’invito di frizzi, nome simpatico non c’è che dire per un magazine azzeccato… Ed ecco, dopo gli chef, l’elenco ai dodici vini da tenere sott’occhio il prossimo 2013.
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[wpcol_1third id=”” class=”” style=””]Montepulciano d’Abruzzo
In pole position un grande classico. Sì, lo so, sono di parte ed è meglio cacciare subito il dente. Il Montepulciano d’Abruzzo è probabilmente il migliore vitigno a bacca rossa d’Italia, capace di prodotti straordinari ad un prezzo competitivissimo. Un grande rosso tutto beva e nervosismo, tra frutto e acidità. Provate per credere il Colle Morino di Fratelli Barba etichetta bianca, un piccolo grande vino naturale, senza lieviti selezionati e trucchi enologici.[/wpcol_1third] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Rossese di Dolceacqua
Il Rossese di Dolceacqua, dalle terrazze liguri affacciate sul mare, un piccolo grande vino rosso. Da agricoltura eroica e di territorio. provatelo leggermente fresco, nei suoi toni irruenti tra frutta rossa e un’ elegante nota ematica e vedrete. Un vino ad alto tasso di godibilità. Su tutti il Maccario Drigerberg 2011 un piccolo vino memorabile, tra freschezza e acidità[/wpcol_1third] [wpcol_1third_end id=”” class=”” style=””]
Fiano di Avellino
Da anni un nome che corre di bocca in bocca. Un grande vino bianco campano, tra godibilità e eleganza. Al palato minerale e sulfureo, sa di inferno e paradiso. Un vitigno capace di vini immediati, come di fuoriclasse da competizione. Provate il 2011 di Pietracupa, Sabino Loffredo (Azienda Agricola Pietracupa) in terra avellinese, sa fare bianchi come pochi in Italia.[/wpcol_1third_end] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Lambrusco
Il Lambrusco, croce e delizia dello stivale. Da sempre sinonimo di vini da prezzo e da bottiglia, pronti a sbancare nel mondo, con politiche e immagine disinvolta. Pensate solo ai prodotti in lattina degli ultimi anni o alle pubblicità con Paris Hilton. Oggi però ha preso una strada di qualità e certificazione, per un vino tutto nervosismo e piacevolezza. Mi piace soprattutto il Lambrusco di Sorbara, nei suoi toni acidi e minerali, si conferma come un perfetto vino gastronomico. Su tutti il Radice di Paltrinieri, dalla silhouette elegante e attuale.[/wpcol_1third] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Champagne
Lo Champagne, sì perché è uno dei pochi vini in costante crescita, anche in questo periodo di crisi. Ha saputo legare come pochi la sua immagine a un’idea di festa, piacevolezza e lusso. Cosa meglio di una flûte di bollicine per movimentare una serata, per sentirsi subito parte di una nicchia privilegiata? Ma soprattutto, perché bere una bollicina italiana alla stessa cifra di un mito? Un nome su tutti, scelto tra i piccoli reccoiltant tanto alla moda: Pierre Moncuit, per una bolla tutta acidità e freschezza.[/wpcol_1third] [wpcol_1third_end id=”” class=”” style=””]
Pecorino
Questo autoctono bianco non avrebbe avuto lo stesso successo se si fosse chiamato Franco. Non so perché, ma sono convinto che questo nome strambo e divertente abbia concorso molto al successo di questo bianco, tutto freschezza e nervosismo. Soprattutto in Abruzzo, la lettura primaria tra minerale e frutta bianca, ha spopolato nelle mescite dello stivale e continuerà a farlo. Tra tutti quello di Tiberio 2011 dal prezzo piccolo, è un piccolo gioiello.[/wpcol_1third_end] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Aglianico
L’Aglianico, soprattutto quello del Vulture, è un grande vino dal prezzo giusto e dalla eleganza disarmante. Un piccolo barolo del sud, tutto eleganza e freschezza, un vino spiazzante che mai ti aspetteresti a questa latitudine. Pensi al meridione e subito immagini vini “culoni” ed alcolici, invece il Vulture non è nulla di tutto ciò. Provate il Serra del Prete 2009 di Musto Carmelitano e sarà amore a prima vista.[/wpcol_1third] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Puddara
I vini dell’Etna, sia bianchi che rossi. La Sicilia che non ti aspetti, tutta nervosismo e acidità, da vigne su terreno vulcanico arrampicate tra freddo e pietra. A’ Puddara 2009 di tenuta Fessina è semplicemente il miglior bianco provato in questo millesimo.[/wpcol_1third] [wpcol_1third_end id=”” class=”” style=””]
Pinot Nero
Pinot Nero, che ossessione. Il vitigno più amato dagli enomaniaci mondiali, soprattutto nella nobile versione borgognotta, è oramai esploso anche tra “semplici” bevitori. Profumi fruttati, freschezza acida e piacevolezza di beva ne sono i requisiti principali e lo rendono gradito e attuale. In Italia se ne producono di ottimi, soprattutto in Alto Adige, dove lungo il vigneto Mazzon sotto le dolomiti, ha trovato un habitat felice. Tra tutti quello di Gottardi è quello che colpisce di più per costanza qualitativa ed eleganza.[/wpcol_1third_end] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Petit Arvine
Lo sapete che la Val d’Aosta, oltre rocce, neve, genepy, produce anche vino? E anche di classe. Sulle terrazze strappate alla pietra, su declivi aspri, solo lambiti dal sole, escono bianchi affilati e piacevoli, scolpiti dal freddo e dal territorio. Stanno passando di bocca in bocca, ritagliandosi una fama, pronta a deflagrare. Vitigni autoctoni, dai nomi francofili. Il Petite Arvine 11 di Elio Ottin è una meraviglia.[/wpcol_1third] [wpcol_1third id=”” class=”” style=””]
Valpolicella
La Valpollicella, se questo è stato il decennio dell’amarone, vino inventato nel 1972, e di grande successo con i suoi profumi dolci e fruttati e la struttura importante data dall’appassimento delle uve, questo sarà l’anno della più semplice Valpolicella, dalle colline venete palladiane un vino di grande struttura e potenza, ma retto dalla acidità tipica del vitigno (la corvina). A me piace molto il Secco di Bertani, un vino moderno dal cuore antico.[/wpcol_1third] [wpcol_1third_end id=”” class=”” style=””]
Trebbiano
Il 2012 è sicuramente l’anno del Trebbiano, premiato da tutte le guide di riferimento, la sua versione più nobile quella di Loreto Aprutino secondo il rito di Valentini, nel millesimo 2007 è stato addirittura eletto quest’anno come il miglior vino italiano. Per anni solo un bianco da arrosto di pesce in riva all’Adriatico, da basso prezzo e beva poco impegnativa, la lezione di Valentini ha attecchito e stanno uscendo vini sempre più interessanti, proposti da un gruppo di produttori attenti ad una vinificazione naturale, ma senza ostentazioni. Tesa alla salvaguardia dei delicati profumi primari della vigna. Provate il semplice Valle Reale Trebbiano 2011, un piccolo grande bianco, dal prezzo leggero, da lieviti indigeni e profumi irruenti.[/wpcol_1third_end]
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Ecco avete un vino al mese da provare e scoprire o riscoprire, lungo tutto il 2013. Ho tenuto fuori volutamente Piemonte e Toscana, non perché non meritino, anzi, ma perché regioni sicuramente sovraesposte e fin troppo visibili. Lo stivale è lungo e produce vino ad ogni latitudine, è bello percorrerlo anche nel bicchiere.