G.H.Mumm Champagne Protocoles | intervista a Noma Bar

Sono stata invitata a Parigi al ballo che celebra gli Champagne Protocoles di G.H. Mumm ovviamente ho accettato ed ho accettato anche di intervistare Noma Bar ovvero colui che ha illustrato “i protocolli” (che sono pure diventati un’applicazione per iPhone).
Devo ammettere che di lui non sapevo molto per cui mi è venuto in aiuto Simone, che mi ha così riassunto, via twitter, il personaggio e i suoi lavori:

illustratore e graphic designer israeliano che a Londra, lontano dal suo paese, ha trovato la fama; con pochi, semplici tratti riesce a caratterizzare un volto – meglio se brutto, dice lui, i belli sono troppo regolari e difficili da trasformare in caricatura – ed utilizzando sapientemente lo spazio negativo dell’immagine ha il dono di mettere insieme elementi contrastanti (il lupo e Cappuccetto Rosso o un fiore e la canna di un fucile) e senza scucire una parola scatenare reazioni, commentare l’attualità o raccontare una storia

Noma, sono molto contenta di conoscerti, ma devo fare una premessa, anzi due, non so se sarò in grado di portare a termine quest’intervista perché arrivo direttamente da una due-giorni di stravizi spagnoli (fiesta, flamenco e Tinto de Verano!). Inoltre io, anche conoscendo i tuoi lavori, non avrei saputo che cosa chiederti per cui mi sono fatta scrivere le domande dal mio socio Simone… Insomma sono un po’ come Ambra Angiolini quando parlava per Boncompagni! Non sai chi sono? Non fa nulla, andiamo avanti…
Ogni mattina su Frizzifrizzi.it facciamo un’intervista ad un illustratore alle 7 am con 7 domande standard, ma per te a quanto pare ne abbiamo ben 9 ad hoc! Iniziamo?
[Perplesso] Sì!

Simone ha letto che una delle spinte più grandi nel definire il tuo stile minimale è stato il fatto di non potere usare la tua lingua – l’ebraico – una volta giunto in UK, imparando quindi a comunicare in maniera più efficace con le immagini. Pensi che in Israele non saresti riuscito a diventare l’artista che sei oggi?

Di base sarei una persona molto loquace, molto verbale. Ma è vero, quando sono arrivato a Londra avevo pochissime parole a disposizione così ho deciso che dovevo usare di più le mani e togliere, togliere parole! Ormai però la cosa mi viene in automatico. Per esempio quando mi hanno invitato da G.H. Mumm per parlare di una possibile collaborazione la cosa che più ha colpito la mia mente – tra le centinaia di informazioni ricevute – sono stati i guanti bianchi del cameriere che serviva lo champagne. Tutta la faccenda dello champagne è come se fosse stata risucchiata da quel gesto, che ne è diventato l’icona. Ai guanti bianchi ho sostituito delle mani molto chiare, ma insomma è da lì che sono partito.
Comunque, per tornare alla domanda si probabilmente se fossi rimasto in Israele sarebbe stato tutto diverso.

Chi sono i tuoi maestri?

Alan Fletcher e Paul Rand.

Simone dice che ti piacciono i film muti (e vedendo i tuoi lavori non nutre alcun dubbio a riguardo). Che ne pensi del ritorno del muto (anche se solo didascalico, come Hugo Cabret di Scorsese), dello stile dandy, dei “roaring twenties”, soprattutto nell’arte, nella letteratura e nella moda?

E’ vero! [sorride] Ho iniziato a vedere film muti proprio perché quando sono arrivato a Londra non parlavo e non capivo bene; i film muti – Chaplin per esempio – mi facevano ridere senza che le parole fossero necessarie. Comunque sì, trovo interessante il ritorno agli anni venti.

Nelle tue opere i simboli sono importantissimi e parte fondamentale nella caratterizzazione dei ritratti che crei. La società in cui viviamo è ossessionata dai simboli (oltre che dai loghi), dalla semplificazione. Nei tuoi lavori, semplificati al massimo e sempre ironici, c’è pure una critica a questa società?

E’ vero, c’è anche una sottile vena critica, ma devo dire che per me quello dei simboli è una vera e propria fascinazione, pensa per esempio a Marcel Duchamp…

Ti sei mai trovato a (o hai mai pensato di) vandalizzare i cartelli segnaletici, tipo quelli dei bagni pubblici o dei cartelli stradali, per trasformarli in qualcos’altro?
[Sorride e dice: «Aspetta un momento!». Poi si alza, va nella sala di aspetto dell’Hotel e ritorna con due copie dell’Economist (vedi foto). Poi, finalmente, inizia a parlare] Simone, ma esiste Simone o è il tuo amico immaginario? Simone mi conosce molto bene, ha capito chi sono e che faccio… Comunque io non è che vandalizzo, aggiungo alcuni tratti ecco, ma mai con intenzione di distruggere!

L’apparente semplicità delle tue opere potrebbe far pensare che passi un paio d’ore davanti ad un computer per poi andarti a godere la vita. In realtà quanto ci metti a completare un lavoro? Qual è il tuo processo creativo?

Lavoro 19 ore al giorno circa! Per fare un lavoro però più che altro penso, poi l’esecuzione è abbastanza immediata. Comunque, un lavoro richiede 6/7 ore minimo. Per esempio se dovessi disegnare te inizierei ad osservare per ore i tuoi capelli [e ci credo, io sono un esplosione di ricci al momento anche abbastanza incolti con tanto di ricrescita; nel frattempo arrossisco] ma poi punterei anche agli occhiali, al modo in cui comunque questo “corpo estraneo” in qualche modo cambia l’equilibrio. Beh, sì, insomma… Per dire che più che altro penso ed osservo.

Ed anche per te una domanda standard da 7 am: descrivimi il tuo tavolo da lavoro.

Finalmente ci tenevo! Ho una cartolina degli anni ’60 di mio padre, la cartolina di un bambino che al posto delle gambe ha le radici di un albero, tantissimi post-it, penne e matite.

Cosa sapevi dell’arte della degustazione dello champagne prima di collaborare con G.H. Mumm alla creazione di questa applicazione?

Non molto, ero un consumatore come tanti, da party.

Qual è il momento giusto per bere un bicchiere di champagne?

Direi che il Ballo di stasera sarà un’occasione perfetta, non credi anche tu?

Grazie mille Noma, è andata molto meglio di come avevo previsto!

Grazie a te, è stata la più interessante tra quelle fatte oggi e, ovvio, saluta Simone!

P.s. nel corso della serata, ho avuto modo di capire che Noma adesso apprezza lo champagne, almeno quanto me, e che mi crede completamente matta, pensa che Simone sia il mio amico immaginario…

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