Di COVHERlab di Marco Grisolia ho già scritto altre due volte negli ultimi 3/4 mesi. Avevo definito le prime due collezioni interessanti ed in generale avevo detto che era un brand da tenere d’occhio.
E’ giunta l’ ora di sbilanciarsi un po’ di più!
La collezione FW2011/12 è veramente bella e per il prossimo autunno mi piacerebbe poter indossare la maggior parte dei vestiti e dei capi spalla, almeno nei giorni in cui mi sentirò femminile ed in vena retrò.
Normalmente non sopporto i comunicati inutilmente ricchi di citazioni dotte, altisonanti e ridondanti che tendono a far sviare l’attenzione del destinatario dalla “essenzialità/povertà” della collezione, ma siccome qui la collezione a parer mio merita sul serio, come già fatto, citerò parte del loro sempre dotto comunicato, che questa volta parla di “volumi emersi dalla terra, con forme epilettiche” e poi di “abiti con un’essenzialità certa ma evoluta in uno barocco naturale e selvaggio”.
Mi piace il barocco naturale ed ancora più quello selvaggio!
“L’agave e la sua attitudine a propagarsi in masse sinuose ed infestanti, la fotografia di Frederick Fontenoy con le sue metamorfosi smagliate, spettrali, accelerate, i colori di Vilhelm Hammershoi e il giapponismo proustiano d’inizio secolo” fanno da cardine all’intera collezione fatta da forme retrò ma anche molto contemporanee.
I colori poi dal bianco vaniglia al tortora, dal senape al gianduia si alternano ad azzurro ceruleo, blu, grigio ghisa, magenta e rame in una palette equilibrata che è parte stessa della storia.
Così in un top il senape ed il celeste raccontano l’anatomia di un coleottero geometrizzato; il verde lucertola delll’abito giromanica scivolato in crepe di lana aderisce alle forme come ad una sempreverde da giardino…
Bestiario ed erbario scritti con i colori e la stoffa “evoluti in barocchismi amazzonici che raggiungono il giusto acquietarsi, lo zenit del loro raccontare, nel loro essere semplicemente indossati”.
Che posso aggiungere? Spero solo di riuscire a vedere presto questi capi da vicino!
photos by Ferdinando Montone