MORSI A TE, VITA MEA
VAN DIEMEN’S LAND
di Jonathan auf der Heide (Australia 2009)
Trama: metti che sei un carcerato perché hai fatto un po’ il diavolo della Tasmania, e ti prende la mania di scappare. Succede poi che scappi insieme ad altri sette detenuti. E cammina cammina cammina nella foresta, ecco che ti viene fame… E la fame, si sa, non guarda in faccia a nessuno: ecco che inizi a immaginarti Matthew in salamoia, Robert bollito, Edward alla friccasea. E ricordati di lasciare un posticino per il dessert: occhi di William canditi! Buon appetito!
Da leccarsi i baffi. Un film cannibale, teso e livido (come la sua perfetta fotografia). Questa volta il “tratto da una storia vera” dà quel tocco morbosetto in più che non guasta. Trattasi di storia ottocentesca australiana, quando i detenuti venivano spediti in lande desolate e invece di avere intorno mura alte tre metri, c’erano liane, alberi e caldo umido che ti cuoce. Scappare era un atto più di coraggio che di libertà. Vuole che tale Alexander Pearce scappò con altri sette. Lo ritrovarono da solo, sazio dei suoi compagni. Non pago, qualche anno dopo, riuscì in una nuova fuga, insieme a uno sfortunato ignaro galeotto… Come ti sbagli: ritrovarono Pearce, solo, con in saccoccia i resti del tapino.
La regia del film spinge l’accelleratore (o meglio il freno) su un andamento documentaristico, senza lasciarsi mai andare a sensazionalismi gratuiti (non ci sono per dire teste scoperchiate con cuccume ficcate dentro e spargimenti di sangue tipo “offro da bere a tutti, aprigli la giugulare”). Ci sono uomini. C’è la natura. Con tutti gli incastri possibili: gli uomini e la loro di natura, sapete da voi che non siamo proprio gli animali più docili che esistono. Anzi siamo i peggio selvaggi, mascherati in vestitini alla moda. Poi c’è la natura pura, le distese di foresta incontaminata, e la natura lo odia forte l’uomo. Noi pensiamo di averla domata, e invece ci sono più posti al mondo dove l’uomo non ha mai mosso un passo di quanti ne abbia calpestati e calpestato è proprio la parola adatta. Quando si presenta l’occasione, la natura è una vera badass: ci frantuma a suon di pioggia, rapide, muschi e licheni. Non sarà che, come si chiede il protagonista, all’inferno ci siamo già? Van Diemen’s Land ha il merito di essere un film dedicato alla propria Terra, l’Australia, dove ancora oggi se stai a casa e ti manca il sale, devi prendere il treno per andarne a chiedere un po’ al vicino. Poi nel caso il sale lo metti direttamente sul vicino, così lo insaporisci.
Il fatto è che il cannibalismo è una materia superaffascinante di per sé. Non vi è mai capitato di dire “ti mangerei” all’amato? Ha qualcosa che riguarda le parole “istinto”, “primordiale”, “possesso totale”. In questo caso certo, c’è il fattore sopravvivenza, e l’uomo si sa, non è che si fa parlare dietro se c’è da sopravvivere, anche se vivere prevede di sgranocchiarsi l’amico.
Da vedere, a cena tra amici. A cena con amici. Con gli amici a cena. Cenando con gli amici.
FILM CANNIBALI PER CONTORNO E SOPRAVVIVERE ALL’INVERNO
Alive
Un po’ hollywoodiano, ma gustoso. D’altronde per fare una passeggiata in montagna, devi pur mettere qualcosa tra i denti (non fosse che quello che metti sotto i denti potrebbe essere provvisto di dentiera).
Cannibal Love (aka Mangiata Viva)
Beatrice Dalle e Vincent Gallo, che già nella vita non è che stanno proprio bene bene, si prenderebbero a mozzichi da quanto si vogliono.
Gnaw! e Dying Breed
Dove tra l’Inghilterra e (ancora) l’Australia seguiamo le rocambolesche gesta di gruppi di idioti che finiscono in bocca (letteralmente) a redneck cannibali.
A presto, vado a mangiarmi una buona barretta di Soylent Green, altro che pomodori verdi fritti!