Il libro della domenica: La sonata a Kreutzer di Lev N. Tolstoj

Il libro della domenica: La sonata a Kreutzer di Lev N. TolstojLa sonata a Kreutzer è un libriccino di Tolstoj. Parla di un uomo che ha ucciso la moglie per gelosia e che lo racconta tranquillamente a uno sconosciuto sul treno, mentre si fuma duecento paglie e beve un tè talmente forte da dover allungarlo con l’acqua (probabilmente un eufemismo per dire vodka).

Il reo confesso assassino ha le idee molto chiare sul matrimonio e sul grado di decadenza della società russa del tempo e non manca di articolarle con molta chiarezza all’attento interlocutore, che sorbisce le farneticazioni di un uxoricida per tutta una notte, fino al mattino.

Le idee sono forti e coinvolgono il sesso con o senza procreazione, l’insolenza dei dottori e la condotta delle mogli dei soldati.
Ma non è questo il punto. Questo è un libro di denuncia di Tolstoj, che non era d’accordo con la moralità del suo tempo e lo faceva dire a un suo personaggio. Tanto più che alla fine del libro c’è una postfazione dell’autore che esordisce con una cosa del tipo: molte persone vogliono sapere come la penso e che cosa volevo dire con questo racconto.
Benissimo, nessun problema.

Ma allora qui è Tolstoj che parla; per capire questo libro bisogna per forza sapere chi è Tolstoj, sapere che è russo, sapere il ruolo degli intellettuali russi di quel periodo eccetera.
Come si fa a coniugare tutto ciò con una concezione “apaternalistica” della letteratura? Come si fa ad accettarlo quando si è ripetuto così tanto che l’autore empirico non interessa, che i libri circolano nella cultura e che acquistano valore dalle loro relazioni e dai discorsi che si fanno attorno ad essi?
Come, quando non si vuole sentire parlare dell’autore?

Semplice, si fa così:
“Il romanziere in carne ed ossa non è l’enunciatore del suo romanzo. E’ un personaggio di un altro racconto, per esempio quello di uno storico, di un critico letterario, di un giornalista venuto ad intervistarlo. Appena incominciamo a nominare l’enunciatore, a designarlo, a dargli un tempo, un luogo e un volto, cominciamo un racconto”.
Questa cosa l’ha detta Bruno Latour, antropologo, sociologo della scienza e importante teorico dei STS (Science and Technology Studies).
Si dirà, cosa c’entra uno scienziato. Non lo so, ma l’idea è davvero intelligente.

E soprattutto consente di uscire dall’empasse precedente: il Tolstoj che ci interessa non è quello nato nel 1928 in provincia di Ščëkino. O quello scomunicato nel 1901 per le sue idee anarchico-cristiane.
Il Tolstoj che ci interessa è il protagonista di un’altra storia, quella di uno scrittore che, per diffondere le sue idee, usa i personaggi dei suoi libri. E’ un personaggio di cui si può discutere o fantasticare, al pari di Pozdnysev, l’assassino redento del libro.

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