L’autore di un libro conta qualcosa? La sua biografia, le sue opinioni influenzano la lettura? O meglio, dovrebbero influenzarla?
In un milione di piccoli pezzi è un libro pesante. Due mesi terribili di riabilitazione di un alcolizzato e drogato, che poi sarebbe l’autore, in una famosa clinica di Chicago.
Cadute, ricadute e distributori automatici di crack. Innamorarsi di donne e delle scimmie sulle loro spalle.
Alla sua uscita è stato accompagnato da un codazzo infinito di polemiche: l’autore, o chi per lui, lo spacciava per autobiografia quando invece è più o meno inventato tutto di sana pianta.
Apriti cielo! Indignazione dei lettori che, attenzione, accusano di aver letto un ignobile falso. Si lamentano per avere letto una finzione camuffata da storia vera. Puntano il dito contro chi marcia sulla loro buona fede.
Stiamo scherzando? A parte che l’obiezione non ha senso perché comunque il libro, qualsiasi libro, non è altro che una rappresentazione di una storia (vera o falsa che sia), dunque una finzione altrettanto “finta”, ma a parte questo, cosa accidenti mi interessa del passato dell’autore? Cosa accidenti mi interessa dell’autore? Il libro non può perdere la sua credibilità a causa di un guaio o una mancanza di chi materialmente l’ha scritto.
Le categorie “vero” e “falso” semplicemente non possono essere applicate a un libro o, in generale, a qualsiasi opera culturale. Al limite si può parlare di veridicità.
Quando un autore produce qualcosa, la proietta fuori da sé e la consegna all’enciclopedia globale, dove l’opera circola e perde qualsiasi paternità, definendosi continuamente nella relazione con i lettori. Ce la dà in adozione e, solo qualche volta, viene a vedere come sta, se sta crescendo bene. Ma niente di più.
E questo è un bel libro, nonostante tutto l’inchiostro e il fiato sprecato.