What a Pitti #8: Carmina Campus

Carmina Campus

Fin qui, avete letto il Pitti Immagine Uomo secondo Simone, adesso passiamo al mio… Io al Pitti ci sono andata come addetta stampa fatta in casa dei Leitmotiv, ma di questo parlerò dopo. Quindi, nonostante sia stata lì due giorni, non lo ho visitato, fatta eccezione per lo stand di Carmina Campus al Pitti W.

Ci sono andata per motivi del tutto personali e cioè per scegliere una borsa per il prossimo A-I 09.
Per la cronaca, ho scelto quella nella foto qui sopra, con i fiori ed il manico ricavato dalla corda della doccia. Fantastica, non vedo l’ora che arrivi!

Siccome credo che molti di voi si chiederanno chi è ‘sta Carmina Campus, farò un breve riassunto. Carmina Campus, non è una designer, ma il brand creato da Ilaria Venturini Fendi, figlia di una delle sorelle Fendi, che dopo aver lavorato per anni nell’azienda di famiglia, si è staccata ed ha dato vita a questo brand che riassume in sé tutte le sue più grandi passioni: l’amore per gli accessori e l’attenzione per l’ambiente.

Carmina Campus ovvero: i canti e gli incanti della campagna.
E’ una linea di borse (accessori, complementi d’arredo) completamente fatta a mano e ad impatto zero (non vengono usati agenti chimici neanche per la riconversione dei materiali), realizzata con materiali da riciclo: pezzi di vecchi tappeti, scarti di stoffe, vecchie tastiere, pezzi di linoleum, corde da doccia, legno, pezzi di cartelloni pubblicitari e tanto altro ancora, ma anche oggetti e prodotti semilavorati provenienti da comunità di paesi in via di sviluppo.

Ogni borsa è unica, non ci sono due prodotti identici. La storia di ogni pezzo è scritta a mano in un cartellino che l’accompagna: origine dei materiali che la compongono, ore di lavoro necessarie per la sua progettazione e realizzazione, numero di archivio.
Inoltre parte dei proventi vengono destinati ad Ong che si battono per la salvaguardia dell’ambiente e per lo sviluppo delle donne in Africa.
Rileggendo il post, sembra che io mi sia fatta prendere dalla sindrome dell’addetta stampa e non che io sia andata lì per comprarle… Chiedo venia!

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