Tesori d’archivio: il Fictional Brands Archive raccoglie i marchi fittizi di film, serie TV e videogame

Nel libro-intervista Bob Noorda. Una vita nel segno della grafica, il grande design olandese racconta a Francesco Dondina la genesi di alcuni suoi celebri lavori di branding e progettazione (o riprogettazione) di logo: per Mondadori, per Feltrinelli, per Agip, per Enel, per Dreher, per la Regione Lombardia, e tanti altri. «Nell’affrontare il disegno di un marchio» dice Noorda, «ho sempre cercato, tra le altre cose, di garantirne la memorabilità. Questo nel rispetto di un pensiero di Bruno Munari, che mi è sempre stato utile: Munari sosteneva che un marchio svolge pienamente la sua funzione quando viene facilmente ricordato e rimane impresso nella memoria; al punto che, se viene fatto vedere a un bambino, anche per breve tempo, questi riesce a ridisegnarlo, almeno nelle caratteristiche principali che lo contraddistinguono».

La questione del raggiungimento della fantomatica “memorabilità” è probabilmente la più complessa da affrontare, per un designer, ma è in quel “tra le altre cose” citato da Noorda che si cela il vero, lungo e affascinante lavoro di chi progetta: c’è da comprendere fin nel profondo l’anima e il sistema di valori dell’azienda o dell’istituzione; da confrontarsi con la sua storia (se c’è) e con l’immaginario in cui si muove; da considerare il settore in cui opera, il pubblico al quale si rivolge, il contesto sociale che ha attorno; da valutare come comunicano le realtà che operano sui medesimi mercati; da conoscere le tendenze della comunicazione visiva del passato e del presente, e immaginare quelle del futuro. Tutte operazioni, queste, essenziali per la creazione di un marchio reale, ma che possono benissimo valere anche quando si va a disegnare l’identità visiva di uno che invece non esiste e non esisterà mai al di là di un mondo fittizio.

Screenshot di Fictional Brands Archive

Dall’enigmatica ACME Corporation, società produttrice di tutti i bizzarri dispositivi adoperati dai personaggi dei cartoon Warner Bros, alla misteriosa Dharma Initiative della serie Lost; dalle Stark Industries dell’universo Marvel al cioccolato Wonka; dalla rivista Runway de Il diavolo veste Prada alla birra Duff dei Simpson: qualcuno ha immaginato e disegnato quei marchi, e spesso anche tutto il sistema di comunicazione che hanno attorno: insegne, carta intestata, manifesti pubblicitari, packaging, testate editoriali.
Si tratta di vere e proprie opere di brand design, non meno intrigranti di quelle che abitano o hanno abitato la nostra società dei consumi (anzi, in alcuni casi la memorabilità e la presa sull’immaginario collettivo sono persino maggiori rispetto a quelle dei marchi reali).
Ed è a questa piccola e spesso poco considerata nicchia del settore del graphic design che il giovane progettista Lorenzo Bernini (ovviamente non quel Lorenzo Bernini) ha dedicato la sua tesi di laurea magistrale in Design della Comunicazione al Politecnico di Milano.

Intitolata Fictional Brand Design (si può scaricare qui), la tesi parte da una ricerca storica e teorica sul branding per poi andare a focalizzare l’attenzione sulla progettazione e l’utilizzo di marchi fittizi nel mondo del cinema, delle serie tv e dei videogiochi.
L’ultima sezione della ricerca di Bernini consiste in un archivio di alcuni tra i più interessanti esempi di “fictional brand”. Archivio che ha anche messo online, in un sito — fictionalbrandsarchive.com, ispirato nella grafica ai manuali di identità visiva, in primis quelli di Unimark International, come dichiara l’autore — che è pieno di materiale.
Sono oltre 120 gli esempi raccolti, tutti quanti classificati in base a settore, categoria e medium, e ciascuno arricchito da informazioni, descrizioni e immagini.

Screenshot di Fictional Brands Archive

Lungi dall’essere un’iniziativa nata, sviluppata e conclusa con la tesi, l’archivio del Fictional Brand Design (che è anche su Instagram e TikTok) è un potenziale punto di partenza per andare ad approfondire ulteriormente il tema: «Fictional Brand Archive» scrive infatti Bernini nella tesi «offre numerose ed interessanti prospettive di sviluppo per il futuro. Uno dei primi aspetti su cui si potrebbe intervenire è la pagina di approfondimento dei singoli fictional brand. Sarebbe interessante andare a produrre analisi più dettagliate e ricche, che non contengano solo riferimenti informativi riguardo al brand, ma che possano offrire anche uno sguardo più analitico riguardo alla progettazione del logo e dell’identità visiva. Vi è poi l’aspetto che riguarda la completezza dell’archivio: vista la mole di fictional brand prodotti nel mondo dell’intrattenimento audiovisivo, è un processo che, sia andando a trovare casi storici, che stando al passo con quelli più recenti, può continuare in modo pressoché indeterminato. Risulterebbe estremamente interessante ed utile coinvolgere in questo processo i visitatori del sito più appassionati, in modo che possano dare il proprio contributo alla crescita dell’archivio, arrivando a formare una community di curatori».

Screenshot di Fictional Brands Archive
Screenshot di Fictional Brands Archive
Screenshot di Fictional Brands Archive
Screenshot di Fictional Brands Archive
Screenshot di Fictional Brands Archive
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