Design Fiction: studentesse e studenti di ISIA Firenze hanno “hackerato” le poltrone di Mirabili Design

Un progetto all’insegna della filosofia solarpunk, in mostra alla Design Week

Guardiamoci attorno. Siamo circondate e circondati di oggetti — cose. Le indossiamo, ci mangiamo, ci cuciniamo, ci sdraiamo e sediamo sopra di esse, ci scriviamo, ci prendiamo cura del nostro corpo, ci osserviamo il mondo e l’universo. Tutte quelle cose qualcuno le ha progettate, delle mani o delle macchine le hanno prodotte, e qualcun altro le ha trasportate — uno, dieci, cento passaggi, a pochi chilometri da casa nostra o dall’altra parte del mondo. Alla fine sono arrivate fino a noi, e presto o tardi, forse transitando prima attraverso altre vite e altre storie, diventeranno dei rifiuti.
Guardiamoci attorno, di nuovo. Siamo circondate e circondati da rifiuti in potenza. Alcuni lo stanno per diventare nell’esatto istante in cui sto scrivendo questo pezzo. E c’è un’evidente incompatibilità tra questo modello di produzione e consumo e la sostenibilità della vita — soprattutto la nostra — su questo pianeta che ci ospita.
Da qui l’attenzione, crescente o, per meglio dire, urgente, che chi gli oggetti li progetta sta iniziando a dedicare non tanto al prodotto in sé, quanto piuttosto al prima e al dopo: da una parte, tutta la filiera che c’è dietro (i materiali, le tecnologie, i metodi di produzione, il consumo energetico necessario); dall’altra, il potenziale di vita dell’oggetto in sé: a cosa servirà? quanto durerà? potrà avere altri usi?

Se finora la storia del design è stata quasi essenzialmente una storia di cose da consumare, in futuro, auspicabilmente, le discipline della progettazione ci porteranno dentro a nuovi scenari, più sostenibili per noi e per il mondo. Ed è nelle scuole che questo nuovo corso può e deve iniziare a essere sperimentato e condiviso.
«Accettata l’insostenibilità connaturata alla disciplina del design (almeno nella sua prima istituzionalizzazione), consideriamo che l’estensione del ciclo di vita degli oggetti, a partire dalla loro concezione, sia la chiave primaria per iniziare a scrivere una seconda storia del design. Solo così potremo intervenire nella filiera profonda del sistema prodotto e tornare ad esportare nel futuro buona cultura materiale, anziché solo rifiuti» spiegano dall’ISIA Firenze, che in quest’ottica ha sviluppato un progetto che sarà presentato il 17 aprile prossimo a Milano, nel corso della Design Week.

Il rendering dell’installazione Design Fiction
(courtesy: ISIA Firenze)

Ideato e curato dal professor Mirko Tattarini, docente e designer, in collaborazione con Veronica Bogao e Francesco Bonomi, il progetto si intitola Design Fiction, è stato sviluppato in occasione del debutto di Mirabili Design di Formitalia Luxury Group, e consiste in una serie di 14 poltrone che sono state “hackerate” da studentesse e studenti del corso di Design Strategico del biennio magistrale di ISIA Firenze, che hanno immaginato usi differenti da quelli per cui le sedute sono state originariamente progettate, così da — cito — «svelarne le opzioni, ampliarne l’orizzonte d’uso, quindi allungarne la vita sconfiggendo l’obsolescenza percepita. Quella stessa che porta a dismettere cose che molto avrebbero ancora da dare».

Fonte di ispirazione per questo lavoro collettivo è stata la filosofia solarpunk, movimento artistico e culturale nato nella prima decade del nuovo millennio nell’ambito della letteratura fantascientifica e poi allargatosi all’architettura, alle arti e all’attivismo sociale e politico.
Da queste idee — di atmosfera diametralmente opposta a quella del più conosciuto cyberpunk, con gli scenari distopici, tipici di quest’ultimo, sostituiti da prospettive utopistiche di un futuro sostenibile, da raggiungere grazie alla tecnologia e, ci auguriamo, al superamento della società capitalistica — Design Fiction ha colto tre binari di intervento: ricorrere, dove possibile, all’utilizzo di materiale di recupero; escludere l’attivazione di filiere ex-novo attraverso l’hacking di modelli già esistenti («il tempo del progetto ricombinante», spiegano); ricercare una dimensione accettabile in mezzo al concetto di “lusso“, intimamente connesso alla tradizione del design italiano.

Il rendering dell’installazione Design Fiction
(courtesy: ISIA Firenze)
Il rendering dell’installazione Design Fiction
(courtesy: ISIA Firenze)

I 14 oggetti sono accompagnati da altrettanti “personaggi assenti”, narrati attraverso sistemi di Intelligenza Artificiale e fruibili per mezzo della Realtà Aumentata e altre modalità interattive, che si attivano quando visitatori e visitatrici si avvicinano, riportando le voci di popoli migranti, a richiamare l’attenzione su uno dei temi più drammatici del nostro vivere contemporaneo, attivatore di fenomeni-chiave di quello che, nel bene o nel male, sarà il nostro futuro.
L’argomento “migrazione” è esplicitato inoltre da altri elementi che faranno parte dell’installazione, esposta dal 17 al 23 aprile nello Spazio Daylight del Superstudio, in via Tortona 27, a Milano. Ci sarà infatti un tappeto circolare, Planet Fiction, progettato da Mirko Tattarini e Veronica Bogao, realizzato con le più avanzate tecnologie manifatturiere e attraversato da segni che si rivelano infografiche relative alle migrazioni climatiche e ai cambiamenti climatici: invece di suggerire sicurezza e tepore domestico, è stato pensato appositamente per suggerire disagio. E poi una motocicletta, la Isia Dakar, modello sperimentale progettato da Mirko Tattarini e Loris D’Ascenzo, che idealmente si presta a muoversi per i deserti, attraversando liberamente i confini. E infine uno stendino: un umile e semplicissimo stendino, a rappresentare il cosiddetto “design anonimo”, quello senza firme e senza celebrati autori, e a ricordare le condizioni — che purtroppo ben conosciamo — nei campi profughi.

Di seguito immagini e schede informative dei progetti delle studentesse e degli studenti, da considerare come dei semi, da piantare nel nostro immaginario, per cominciare a fantasticare su un domani possibile, e una piccola-grande rivoluzione nel mondo del design.

About
di Emma Carpignani

About è una poltrona hackerata attraverso la sostituzione dei braccioli originali con contenitori/display per libri realizzati con metacrilato riciclato post-pandemia.
Seduti in poltrona si può leggere, guardare un film, conversare; queste azioni hanno una forte componente identitaria in quanto manifestazione di chi siamo e di chi potremmo diventare, in base alle scelte che facciamo e ai valori che decidiamo di abbracciare. Attraverso una poltrona che espone i libri che amiamo, i giornali che consultiamo, le riviste che ci ispirano, raccontiamo un po’ di noi. Questa combinazione genera una linea del tempo che racchiude insieme il passato e il presente e per la quale, grazie alle modifiche selettive apportate dall’utente, la poltrona diventa un oggetto che accompagna il percorso di una vita.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Amae
di Arianna Pinzi

È una grande coperta trapuntata da imbottire a piacere, che modifica l’uso e la percezione della propria poltrona.
Il nome ha origini giapponesi e descrive l’emozione che corrisponde all’abbandonarsi all’affetto e alle cure delle persone che ci amano. Questo è Amae: un caldo e morbido abbraccio in cui sprofondare, uno scudo termico d’argento sotto cui ripararsi quando il mondo diventa ostile. Composto da due tessuti, in forte contrasto tra loro, sia per colore che per materiale, che riportano in chiave materica l’opposizione tra due realtà quotidiane. Da un lato la sicurezza della casa, uno spazio interno e personale che protegge e conforta, dall’altro l’incertezza del mondo, un ambiente esterno e talvolta estremo che resiste sotto il peso dei cambiamenti climatici. Da un lato la morbida lana, dall’altro una coperta termica.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Aris
di Irene Schiavinato

Aris è un hacking sostitutivo che, attraverso nuovi braccioli, restituisce lo spazio simbolico alla natura, stimolando una riflessione sull’accettabilità del lusso.
Insinuandosi tra i fori, la natura si riappropria dello spazio attraverso il proprio simulacro digitale, simbolo, desiderio e denuncia al tempo stesso.
I braccioli sono progettati secondo l’applicazione parametrica dei diagrammi di Voronoi e realizzati in stampa 3D monomateriale per un indice di riciclabilità del 100%.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Claude
di Raffaele Marra

Claude è un upcycling ispirato e creato attraverso la valigeria: cinghie, sacchetti e portaobiettivi trovano una nuova collocazione progettuale. La composizione richiama il concetto di bricolage. Claude è un neo nomadismo che vive al di là dello spazio domestico, definendo un nuovo modo di vivere il mobile, da struttura statica a composizione dinamica. L’utente è libero di prendere, trasformare e utilizzare strumenti agili e concavi.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Coral
di Eulalia Talamo

È l’hack di una poltrona basata sul concetto di connessione, intesa come stretta unione tra due o più cose. In questo caso l’unione tra le forme della natura e quelle costruite.
Una delle strutture naturali che meglio riflettono il concetto di connessione è la barriera corallina, un ecosistema capace di separare, unire e ospitare allo stesso tempo.
Come la barriera corallina stimola la vita e offre riparo e dimora, così Coral funge da rifugio per l’utente ed è caratterizzato da forme organiche matematiche secondo i diagrammi di Voronoi.
L’intervento è realizzato attraverso l’upcycling di prodotti semilavorati (syilicon e tubi per acquari) e l’utilizzo di materiali di scarto in legno.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Custode
di Federica Sani

Custode non è solo una seduta, è un luogo dove sentirsi al sicuro. Una piccola stanza che simboleggia un riparo dai violenti fenomeni meteorologici dovuti al cambiamento climatico; i due braccioli, infatti, si trasformano in un tetto all’occorrenza. Internamente i braccioli sono rivestiti di feltro di lana — un materiale preindustriale con caratteristiche isolanti — esternamente sono rivestiti di un materiale impermeabile che non permette a nulla di penetrare all’interno.
Custode è un ricordo dell’infanzia, dei fortini che costruivamo da bambini e nei quali giocavamo. Non importa dove sia posizionato, una volta seduti ci troviamo avvolti in un luogo che ci protegge.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Leben
di Arianna Bechmann

Il progetto della poltrona pulsante Leben si inserisce nel contesto dell’estetica Solarpunk, con un’operazione di upcycling e riciclo realizzata utilizzando scarti di pelle.
Il nome della poltrona Leben, che in tedesco significa “vita”, si riferisce non solo alla seconda vita che viene data ai rifiuti, ma anche alla poltrona stessa che prende “vita” attraverso la luce che ne simula il respiro.
I ritagli di pelle recuperati per il progetto e che ricoprono i braccioli sono il simulacro di foglie di piante rampicanti attraverso i cui interstizi emerge una luce pulsante che mette in risalto i tagli netti della pelle e allo stesso tempo dà un’anima alla poltrona.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Lux
di Ludovico D’Oro

Lux è una poltrona con pannelli accessoriati.
La luce (dal latino “lux”), l’agente fisico che rende visibili gli oggetti, assume qui un doppio significato: se da un lato si riferisce all’atto stesso di illuminare, grazie a una lampada da lettura che funge da accessorio della poltrona, dall’altro vuole far luce, cioè indagare, intorno al tema del lusso.
Lux è una poltrona incompiuta, completata dall’utente attraverso accessori, finiture, ricordi, tali da determinare un’identificazione tra l’oggetto e chi lo abita.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Out of Chair
di Sara Gervasi

Out of Chair è una seduta che costringe e permette di assumere posizioni che vanno oltre le categorie dell’abitudine e della compostezza.
Molteplici possibilità senza orientamento obbligatorio per sentirsi bene con se stessi e con il proprio corpo.
Una seduta senza direzione è un’ipotesi e un’opposizione. Un’ipotesi perché non esiste una posizione giusta o sbagliata, ma solo quella più comoda per voi. Un’opposizione perché combatte le abitudini sociali e di mercato che influenzano il benessere.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Ozio e Otium
di Eleonora Marsiglio

Ozio e Otium è il risultato di un intervento di design che consiste in una coppia di braccioli modulari ispirati al tangram. La modularità permette all’utente di allenare la creatività individuale, di esprimere un gusto specifico o semplicemente uno stato d’animo temporaneo.
La prima composizione dei braccioli viene indicata dall’utente al momento dell’acquisto, successivamente, anche se non quotidianamente, sarà possibile intervenire ulteriormente ricomponendo le tessere per contribuire così all’estensione del ciclo di vita dell’oggetto, sia nell’uso primario che nell’eventuale mercato secondario.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Prato
di Marta Panzarin

Prato è una poltrona che evoca il paesaggio verde di un parco. È realizzata con diversi fili di lana e con scarti di produzione e tessuti di lana.
I fili di lana, posizionati sia internamente che esternamente ai braccioli, sono associati a fili d’erba. Il tocco dei fili vuole evocare nell’utente la sensazione di “essere in un prato in un parco”, mentre la seduta e lo schienale permettono di rilassarsi in totale comodità.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Re-Text
di Luisa Balestri

Re-Text è una poltrona tagliata e ricomposta a partire da scarti tessili recuperati. “Textum”, dal latino, ha un doppio significato: tessuto e storia. Re-Text si presenta come un prodotto autentico e coerente che agisce nella logica dell’economia circolare e del recupero della cultura popolare e dell’identità locale. Già oltre un secolo fa gli straccivendoli riciclavano gli abiti gettati via: le storie di vita venivano smembrate per diventare un nuovo tessuto e una nuova storia. Gli straccivendoli, nella loro “società degli stracci”, facevano ciò che oggi chiamiamo economia circolare: “ridurre, riutilizzare, riciclare”.
L’utente diventa partecipe del re-design, libero di modificare la poltrona — “svestita” e ridotta alla sola struttura — a seconda delle esigenze, del gusto e dell’umore.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Remix
di Ludovica Ottaviani

Remix è una poltrona che sostituisce l’imbottitura attraverso il riciclo degli scarti di pelle della stessa produzione.
La realizzazione di imbottiture di alta gamma determina grandi quantità di scarti di materiali pregiati il cui destino è generalmente lo smaltimento, una pratica costosa e improduttiva. Con il progetto Remix, gli stessi scarti ricevono una seconda vita, assemblati insieme per generare nuove configurazioni organiche, colorate e ricombinanti. Ciambelle di vera pelle, remixate.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)

Texi
di Annachiara De Marco

Texi è una poltrona dai cui braccioli si estendono tentacoli di tessuto imbottito, una sovrabbondanza di materiale che supera i confini dell’oggetto. Questo traboccare è una metafora della sovrabbondanza quotidiana, che provoca sprechi oltre il necessario.
Da un lato i tentacoli si estendono ulteriormente per determinare una seconda seduta. Questo eccesso di materia acquista così un significato, una nuova dimensione d’uso, una nuova vita. Un’emissione luminosa si integra con i tentacoli, esiste solo grazie all’intreccio con essi. Fa luce su chi utilizza la seconda sessione, enfatizzando il pensiero trasversale. I rifiuti hanno un valore se glielo attribuiamo iniziando a cambiare il nostro punto di vista.

(foto: Stefano Decarli | courtesy: ISIA Firenze)
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