More than words: una serie di brevi animazioni sulle espressioni che in inglese non esistono (tipo “fare la scarpetta”)

Non esiste un censimento preciso di quante lingue vengano parlate attualmente nel mondo. Secondo alcune stime sono circa 7.000, e alcune di esse — anche molto vicine a noi, tipo l’arbëreshë, parlato dalle minoranze etno-linguistiche albanesi in Italia1 — sono a serio rischio di estinzione: a quanto pare ogni due settimane una lingua muore.

Quando una lingua scompare, è il mondo intero a perdere un vero e proprio tesoro fatto di parole, di suoni, di storie, di conoscenza. Perché ogni idioma porta con sé un patrimonio culturale e storico inestimabile, soprattutto nei proverbi2, o in quei termini e in quelle espressioni intraducibili — pensiamo al nostro abbiocco, alla saudade portoghese, allo tsundoku giapponese, per citare alcune delle più celebri —, che raccontano molto del popolo e della cultura che le ha coniate.

È facile perdersi nel fascino di questi piccoli mondi “Lost in traslation”, ed è ciò che ha fatto la regista, animatrice e sound designer Serafima Serafimova, artista di base a Londra che lavora presso l’agenzia creativa Nice and Serious.
Qualche mese fa, Serafimova ha lanciato una piccola serie di brevi cortometraggi d’animazione — More Than Words — dedicata proprio alle espressioni tipiche di una lingua che, se tradotte letteralmente in un’altra, diventano bizzarrie senza senso.

Sono due i filmati finora usciti, il primo è sull’Innerer Schweinehund, che in tedesco indica quella vocina interiore che ti incoraggia alla pigrizia e che, se interpretata alla lettera, significa “cane-maiale interiore”.
Il secondo, invece, è su un’attività che qui in Italia conosciamo benissimo: fare la scarpetta!
Ciascun corto è narrato da una voce del posto, con sottofondo musicale pure autoctono (i Kraftwerk nel primo caso, Peppino Gagliardi nel secondo).

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