Busline35A: un corto sulle molestie e sul “Bystander effect”

È sera, fuori è buio, e l’autobus della linea 35A è semivuoto mentre viaggia lungo il suo solito percorso. A bordo, oltre all’autista che non vediamo mai, ci sono un’anziana signora che sta portando a suo figlio delle polpette fatte in casa, un anziano signore che è caduto dalla sua bici nuova e sta vistosamente sanguinando, una donna di mezz’età che ha da poco perso il lavoro, e infine una ragazzina delle medie che sta tornando a casa.
Non sappiamo dove ci troviamo. Potrebbe essere ovunque (qui a Bologna, per esempio, il 35A parte da una rotonda vicino alla facoltà di Ingegneria e attraversa la città, passando per la stazione e la fiera, fino ad arrivare a un’altra facoltà, Agraria, e non sarebbe poi così strano trovarsi in mezzo alla medesima “fauna umana”), così come potrebbe accadere ovunque di assistere a ciò che accade e, in maniera particolare, a ciò che non accade.
Sul bus, infatti, sale un uomo, e quest’uomo va a sedersi accanto alla ragazzina, iniziando a molestarla verbalmente e a opprimerla fisicamente, facendosi sempre più vicino, mentre le altre persone a bordo chiaramente realizzano ciò che sta capitando, ma nonostante questo non fanno nulla, autoindulgendo nei meccanismi di difesa che le loro piccole menti s’ingegnano a innescare per giustificare a sé stesse l’inazione e la codardia.

(courtesy: Elena Felici)

In realtà sono proprio le tre piccole e banali storie di questi tre spettatori passivi le protagoniste del pluripremiato cortometraggio d’animazione Busline35A, diretto dalla giovane regista italiana Elena Felici con l’aiuto di una squadra di lavoro dell’Animation Workshop – VIA University College di Viborg, in Danimarca, dove Felici vive e lavora.
È osservando e seguendo le vicende della vecchina delle polpette, della signora senza lavoro e del signore ferito alla testa che vediamo e ascoltiamo ciò che succede sullo sfondo, fuori fuoco, dove l’uomo, in un’escalation di prevaricazione che pare nutrirsi dell’apparente indifferenza generale, si fa sempre più insistente. E viscido. E inquietante.

Malgrado (o forse proprio per) l’atmosfera volutamente grottesca, quasi tragicomica del filmato, il crescendo d’ansia è palpabile. Per la ragazzina, soprattutto, ma pure per gli altri temporanei abitanti di quel transitorio micromondo che è l’autobus, durante gli interminabili minuti tra una fermata e l’altra. E ovviamente per noi che guardiamo, a nostra volta spettatrici e spettatori, anche noi passivi ma giudicanti: «fosse stato per me…» pensiamo, rassicurando in tal modo il nostro bisogno di sentirci persone per bene, altruiste, che badano al prossimo, che fanno ciò che è giusto, ma sotto sotto chiedendoci cosa avremmo fatto — davvero — nella medesima situazione, che è poi una circostanza tutt’altro che rara in cui imbattersi e che può capitare (e capita) ogni giorno, in qualunque momento, in qualsiasi città, sopra un 35A, un 27B, in tram, in treno.

(courtesy: Elena Felici)
(courtesy: Elena Felici)

Felici, la regista, in questa situazione c’è stata. Sia da vittima che da spettatrice. Da qui l’idea di mostrare, attraverso l’animazione e una narrazione apparentemente leggera, il cosiddetto Bystander effect, o Effetto spettatore, cioè quel fenomeno sociale che fa sì che, in presenza di altre persone, diminuisca la possibilità di intervento di qualcuno in caso di emergenza.
«Non siamo tanto fantastici quanto pensiamo di essere» sostiene Felici, che ha scelto il formato cortometraggio anche per sottolineare come anche un episodio di breve durata come questo — rapido e dunque più facile da ignorare — possa essere drammatico per chi lo subisce.

(courtesy: Elena Felici)

«C’è un dualismo tra la serietà della violenza e la quasi comica inefficacia di coloro che vi assistono, e il tono che abbiamo scelto mira a creare questo stesso contrasto nello spettatore, che non sa se ridere o disperarsi. In una maniera simile, la voce del narratore interpreta la voce nella nostra testa che in queste circostanze tende a creare giustificazioni per evitare di accettare la necessità di intervenire» ha raccontato la regista durante un’intervista realizzata da Edoardo Mazzini su Change Makers Magazine. Aggiungendo: «il design dei personaggi amplifica la tematica del dualismo: sono persone ordinarie, con cui è semplice immedesimarsi, e il loro aspetto, assieme alla loro voce interiore e ai loro ricordi realizzati in schizzi bidimensionali, fanno ridere lo spettatore. Allo stesso tempo però lo costringono a realizzare quanto questi protagonisti, e quindi lo spettatore stesso, siano e si sentano patetici, impotenti e apatici riguardo quello che succede dietro di loro».

Busline35A è dunque un piccolo e meraviglioso dispositivo che smuove le coscienze.
Selezionato da decine di festival in tutto il mondo, insignito di una menzione speciale dalla giuria dell’Animafest Zagreb e da quella dell’Imaginaria Film Festival di Conversano, oltre che del premio di “Best student film” al Manchester Film Festival, al Etiuda&Anima International Film Festival, Filmkraft Kortfilmfestival e al Piccolo Festival Animazione di San Vito al Tagliamento, lo scorso 25 novembre è uscito in versione integrale su Vimeo e su YouTube, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne.

Il “Making of” e la squadra di lavoro

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