Un corto d’animazione per convincerci che è cosa buona e giusta accorciare la settimana lavorativa

È più o meno dalla Seconda guerra mondiale che, in gran parte del mondo, la settimana lavorativa, che prima era generalmente di 60 ore suddivise su sei giorni, è stata accorciata a 40 ore su cinque giorni. Da allora le cose sono perlopiù rimaste immutate.
Attualmente, tra i paesi dell’OCSE, il maggior numero di ore di lavoro all’anno le fanno in Messico (2124 ore, dati 2020), mentre chi ne lavora di meno sono le tedesche e i tedeschi (1332). Noi in Italia siamo a 1559, più di Danimarca, Regno Unito, Norvegia, Paesi Bassi, Austria, Francia, Svezia e meno di Spagna, Portogallo, Grecia, Stati Uniti, Israele, Russia e Corea del Sud.

«È giunto il momento di un update» dicono da 4 Day Week, fondazione transnazionale nata dall’idea dell’uomo d’affari e filantropo Andrew Barnes e della imprenditrice e filantropa Charlotte Lockhart. Da qualche anno la fondazione promuove nel mondo progetti pilota di sperimentazione di una settimana corta fatta di quattro giorni.

Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022
Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022

I benefici, secondo molti studi, sarebbero poi gli stessi riportati da Nick Srnicek e Alex Williams nel loro famoso/famigerato saggio-manifesto Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro: «una settimana lavorativa più breve significherebbe una complessiva riduzione del consumo energetico e dell’emissione di gas; il maggior tempo libero a disposizione porterebbe anche a una riduzione dell’acquisto di quei prodotti usa e getta necessari alla vita frenetica a cui siamo obbligati. Più in generale, piegare i miglioramenti della produttività alla diminuzione del lavoro e non alla crescita dell’output si tradurrebbe in un maggior risparmio energetico e nella conseguente riduzione dell’impatto ambientale. […] Altre ricerche mostrano che una settimana lavorativa più breve porterebbe a una diminuzione di stress, ansia e altri problemi mentali alimentati dalle politiche neoliberali. Ma una delle ragioni più importanti a sostegno della riduzione della settimana di lavoro, è che questa è una rivendicazione capace di generare e consolidare il potere di classe. In primo luogo, la riduzione del tempo dedicato al lavoro può politicamente essere dispiegata come una tattica temporanea: scioperi bianchi, astensioni dal lavoro e altri metodi mirati alla diminuzione dell’orario lavorativo sono tutti mezzi capaci di esercitare pressione sui capitalisti. In secondo luogo, la riduzione della settimana lavorativa va anche a rafforzare i movimenti dei lavoratori: sottraendo ore di lavoro dal mercato, il totale di forza lavoro diminuisce e il potere dei lavoratori aumenta». (Va comunque detto che secondo Srnicek e Williams la riduzione della settimana lavorativa è solo uno dei quattro obiettivi essenziali. Gli altri sono la piena automazione; il reddito base universale e il rifiuto dell’etica del lavoro.)

Qualche settimana fa, la campagna di sensibilizzazione e promozione di una settimana lavorativa da quattro giorni si è concretizzata anche con uno psichedelico corto d’animazione, Change the week. Diretto dal regista Ian Pons Jewell e narrato dalla voce del celebre attore Stephen Fry, è un progetto della filiale britannica di 4 Day Week e del think tank Autonomy.

Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022
Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022
Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022
Frame dal corto “Change the week”, di Ian Pons Jewell, 2022
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