Uomo o albero?

Bastano una buona idea e un budget risicatissimo per fare un cortometraggio di successo? La risposta è sì, a patto che ci sia di mezzo un albero, e che quest’albero sia in realtà un uomo che si è trasformato in pianta durante un trip da allucinogeni. O perlomeno questa è la ricetta usata da Parallel Madness, un duo di sceneggiatori e filmmaker di base a Manchester, nel Regno Unito, formato da Varun Raman e Tom Hancock.

Dopo essersi fatti conoscere sulla scena internazionale e aver conquistato numerosi premi con Transmission (2017), un distopico corto nato a seguito della Brexit e dell’elezione di Trump, Raman e Hancock hanno pensato di puntare a qualcosa di quasi diametralmente opposto, una commedia — seppur “acida” — prodotta con pochissimi mezzi e girata in 16mm.
Come hanno raccontato alla rivista online Directors Notes, i due si sono ispirati a una storia vera, quella riportata loro qualche anno fa da un amico. Questi, in un “viaggio” provocato dall’assunzione di salvia divinorum — che com’è noto induce effetti di breve durata ma molto intensi — si sarebbe incarnato in un albero, vivendo molti secoli e testimoniando diverse epoche della civiltà umana, per poi ritrovarsi, una volta finito il trip, in piedi nel suo salotto con le braccia al cielo a mo’ di rami.

Frame del corto “Man or Tree” di Parallel Madness
Frame del corto “Man or Tree” di Parallel Madness

Cose che capitano, quando ci avventura su questi sentieri. Michael Pollan, giornalista e scrittore, nel suo saggio Come cambiare la tua mente, testo-chiave del cosiddetto “rinascimento psichedelico”, parlando di un viaggio con la psilocibina scrive: «Mi sentivo come se fossi entrato per la prima volta in stretto contatto con una pianta; e come se certe idee, che avevo da tempo pensato e sulle quali avevo scritto – idee che avevano a che fare con la soggettività di altre specie e sul modo (che noi siamo troppo autoreferenziali per apprezzare) in cui esse agiscono su di noi –, avessero assunto la concretezza del sentimento e della realtà. Io guardavo, attraverso gli spazi negativi formati dalle foglie dell’ortensia, l’acero rosso in mezzo al prato che si estendeva più oltre: anch’esso ora più vivo di quanto avessi mai saputo potesse essere vivo un albero, come fosse permeato da uno spirito, anche questo benigno. L’idea che ci fosse mai stata frizione tra materia e spirito sembrava assurda, e percepivo che, qualsiasi cosa fosse, ciò che di solito mi divideva dal mondo là fuori aveva cominciato a disintegrarsi. Non completamente, però: le fortificazioni dell’ego non erano cadute; la mia non era quella che i ricercatori chiamerebbero un’esperienza mistica “completa”: infatti mantenevo comunque il senso di un io che osservava. Le porte e le finestre della percezione erano tuttavia spalancate, e stavano accogliendo il mondo con la miriade delle sue personalità non umane in una misura superiore a quanto avessi mai sperimentato prima».

Tornando al corto di Hancock e Raman, intitolato Man on Tree, il breve trip dell’amico-albero si è trasformato in una narrazione spassosissima.

Frame del corto “Man or Tree” di Parallel Madness
Frame del corto “Man or Tree” di Parallel Madness
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