D-I-S-T-A-N-Z-I-A-M-E-N-T-O: la mostra dei progetti di comunicazione delle studentesse e degli studenti di IED Firenze

Il prefisso dis- generalmente indica qualcosa che non funziona, che è difettoso, sbagliato (dal greco dys, nel significato di “male”), oppure un allontanamento, un’interruzione, una separazione.
La parola distanza ci offre dunque due sfumature: quella di uno stare lontano, e quella di uno stare alterato, anomalo.
Il distanziamento che chiunque di noi ha sperimentato durante la pandemia ha fatto emergere entrambi i sensi: non era solo questione di lontananza fisica, misurabile nell’“almeno 1 m” suggerito dai cartelli e dalle voci registrate; era anche e soprattutto un problema di disfunzione (un altro dis-) del vivere in mezzo alle altre persone. Lo spazio che, per decreto, è stato imposto tra i corpi; le barriere che sono state installate; gli strati di apparati di protezione che abbiamo messo addosso per creare un confine: tutto questo non ha coinvolto unicamente la dimensione esteriore del nostro essere, ma anche quella interiore. Per due anni o giù di lì, ogni singolo individuo ha sperimentato — e in parte continua ancora a farlo — un allontanamento dal resto di una società che d’altronde appariva frammentata in maniera preoccupante già prima del Covid. E ad averne risentito di più sono l’empatia e — paradossalmente, visto il mondo iperconnesso in cui viviamo — la comunicazione.

«Il distanziamento sociale non è stato solo un allontanamento di corpi è uno stato uno stato d’animo, una situazione esistenziale che abbiamo vissuto tutti e l’abbiamo vissuta non solo durante il lockdown, ma anche in una discoteca con centinaia di persone, ogni volta che non abbiamo saputo comunicare veramente quello che proviamo, quando parliamo a qualcuno che non ci capisce. Il tema del distanziamento è stato affrontato spesso nell’arte o nella letteratura, ma raramente dal mondo della progettazione» sostiene Tommaso Bovo — il “nostro” Tommaso, autore di alcune tra le più belle interviste uscite qui su Frizzifrizzi (a proposito, alcune di esse sono raccolte in un libro in uscita proprio in questi giorni: ma di questo avrò modo di parlare più nel dettaglio) nonché docente all’Istituto Europeo di Design di Firenze.
Proprio sul distanziamento Tommaso ha lavorato con le sue studentesse e i suoi studenti, chiedendo loro di esprimere il concetto dal punto di vista personale ed emozionale.
È nato così il progetto D-I-S-T-A-N-Z-I-A-M-E-N-T-O, che sarà in mostra il 26 maggio presso la sede dell’istituto con foto, installazioni video e audio.

Chiara Nappini
Chiara Nappini
Chiara Nappini
Chiara Nappini

«L’intenzione è stata quella di occuparsi di un tema poco affrontato dal design della comunicazione: i propri sentimenti» dice il prof. Bovo. «L’obiettivo è esplorare le possibilità espressive di questa disciplina».
Come nel precedente progetto dedicato a un altro concetto cruciale — quello della fine —, Tommaso ha invitato le ragazze e i ragazzi a non preoccuparsi troppo delle immagini solitamente considerate come “sbagliate”. Anzi, «lo scopo era provare a sperimentare su quelli che comunemente sono considerati errori: la sfocatura, l’immagine mossa, i disturbi di fondo, il flash sparato… era tutto accettato. La cosa importante è cercare di far arrivare il messaggio» racconta, spiegando che l’obiettivo principale era quello di superare i pur validissimi principi razionalisti del design grafico del ‘900 — ancora predominanti nell’insegnamento attuale delle discipline della comunicazione — per puntare a un elemento che abitualmente viene lasciato fuori, ed è appunto l’emozione.

COSA
D-I-S-T-A-N-Z-I-A-M-E-N-T-O
QUANDO
26 maggio 2022 | 18,30
DOVE
IED Firenze | via Bufalini 6/R, Firenze
LINK

«Tutti ci siamo commossi ascoltando una canzone, leggendo un libro, guardando un film: forse nessuno si è mai commosso di fronte un progetto grafico» chiosa Tommaso. «Credo che il designer oggi debba porsi il problema di come superare la perfezione fredda e rigorosa del passato per provare a veicolare messaggi che arrivano ad emozionare e a significati un po’ più complessi della facile leggibilità. Attorno a noi siamo circondati da immagini grafiche tecnicamente ben eseguite ma fredde e pronte ad essere dimenticate. Non ha senso strutturare una perfetta composizione se poi è incapace di colpire il cuore e la mente di chi la guarda».

Nelle immagini alcuni dei lavori, opera di Alessandra Azoto, Cristina Cannatello, Matteo Cantafio, Marianna Cecchelli, Arianna Corallini, Andrea Del Freo, Gaia Eva Di Cicco, Leonardo Giacchetti, Carolina Leonildi, Martina Morrone, Chiara Nappini, Emma Sorri Petersen e Diana Schiavone.

Gaia Eva Di Cicco
Gaia Eva Di Cicco
Gaia Eva Di Cicco
Alessandra Azoto
Marianna Cecchelli
Marianna Cecchelli
Marianna Cecchelli
Cristina Cannatello
Cristina Cannatello
Cristina Cannatello
Cristina Cannatello
Cristina Cannatello
Matteo Cantafio
Matteo Cantafio
Matteo Cantafio
Diana Schiavone
Diana Schiavone
Diana Schiavone
Emma Sorri Petersen
Emma Sorri Petersen
Emma Sorri Petersen
Emma Sorri Petersen
Arianna Corallini
Carolina Leonildi
Carolina Leonildi
Carolina Leonildi
Carolina Leonildi
Martina Morrone
Martina Morrone
Martina Morrone
Andrea Del Freo
Andrea Del Freo
Andrea Del Freo
Andrea Del Freo
Leonardo Giacchetti
Leonardo Giacchetti
Leonardo Giacchetti
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