Una storia in punta sottile: il documentario sulla grande calligrafa Barbara Calzolari

Qualche anno fa, quando incontrai per la prima volta Barbara Calzolari in occasione di una sua mostra qui a Bologna, che è anche la sua città, rimasi sbalordito davanti un dato, tanto semplice quanto strabiliante: quante persone, in tutto il pianeta, possono dire di aver vinto un Nobel? Tra chi ancora calpesta questa terra e chi ha raggiunto un’altra dimensione non arrivano nemmeno a 900. E quante hanno viaggiato fino alla Luna? Appena 24. Calzolari non ha Nobel da esibire sugli scaffali di casa e, per quanto ne so, non ha ancora lasciato l’atmosfera, tuttavia fa parte di un club ancora più esclusivo, ed è quello della Master Penman Society, riconoscimento che la International Association of Master Penmen, Engrossers and Teachers of Handwriting (IAMPETH) — cioè l’associazione internazionale di calligrafia, storica realtà che esiste fin dal dopoguerra — riserva solo a coloro che hanno raggiunto l’eccellenza assoluta. Nel mondo, a far parte di questa ristrettissima cerchia, sono soltanto in 15. Quindici! (La classifica dei miliardari di Forbes, in confronto, è molto meno ristretta.) E per di più il certificato di appartenenza non te lo danno loro: bisogna vergarselo a mano, perché anche quella è una prova della propria abilità (per la cronaca ecco quello che ha prodotto Calzolari).

Come si fa a diventare Master Penman? Oltre a doti tecniche fuori dal comune si richiede di condividere la propria conoscenza: di avere allieve e allievi, di farsi ambasciatrici o ambasciatori, in tutto il globo, dell’arte calligrafica. Che poi è esattamente ciò che fa l’unica italiana in lista, appunto Calzolari, che in questi anni ho avuto l’onore di incrociare diverse volte, tra fiere e mostre, restando ogni volta stregato dal suo sorriso dolce e dal suo sguardo intenso, capace di catturare al volo l’essenza di ciò che ha davanti, che si tratti di un’immagine, un oggetto, una lettera, una persona — qualità che è propria di coloro che eccellono nel loro campo, e di chi ha un animo da poeta. Calzolari rientra in entrambe le categorie, e proprio grazie alla poesia — fedele compagna di tanti lunghi viaggi di lavoro, quando nella sua “vita precedente” si occupava di moda — si è avvicinata alla calligrafia.
«Visto che non riuscivo a portare con me tutti i libri che volevo, iniziai a copiare su un quaderno i versi che amavo di più» ebbe occasione di raccontarmi. «E mi resi conto che per rappresentare parole come quelle, le normali lettere non andavano bene».

È in quel momento che è nata la passione, che l’ha portata a studiare e a cercare i suoi Maestri, in un continuo tendere al rifinire e affinare la tecnica, da una parte, e, dall’altra, a lavorare su di sé, in profondità, ché è da lì che tutto nasce, anche il gesto che dà alla scrittura e alle parole la forma che meritano.

«La scrittura vuole tempo. È un rituale, una parte della tua vita che rimane. Lasci un segno. Un lato involontario della mente, dell’emozione, è molto presente quando scrivi. Hai la consapevolezza che devi avere una certa postura, una certa concentrazione, quando ti siedi alla luce di una lampada e intingi il pennino nell’inchiostro, senza sapere cosa potrebbe accadere dopo. È così lungo, così costante il lavoro che devi fare per riuscire a far calligrafia: per imparare a conoscere lo strumento, il supporto. Scrivi con la testa, con gli occhi, e la mano deve essere allenata a seguirli» racconta Barbara Calzolari nei primissimi minuti di Una Storia In Punta Sottile, documentario girato dalla regista bolognese Enza Negroni, che in oltre un ora di film segue l’artista (ma a lei piace considerarsi come un’artigiana) nel suo studio, nei laboratori con le scuole, alle mostre, a lezione, agli incontri (tanti, con Anna Ronchi, dell’Associazione Calligrafica Italiana, con il tatuatore Tamar Nanni, con il suo allievo Alessandro Salice, e poi coi suoi maestri: Roberto Canaider, Michael Sull, Brody Neuenschwander). E lei — tra pennini e inchiostri, libri antichi e luoghi meravigliosi — racconta, spiega, si ferma a riflettere sulla sua storia, sul modo in cui lavora, sulle tecniche, sulla calligrafia.

Prodotto da Proposta Video e realizzato in collaborazione con Emilia-Romagna Film Commission, Fondazione Carisbo, Fabbri 1905, Igd e Pentel Italia, Una Storia In Punta Sottile non è “solo” un documentario su Barbara Calzolari ma un vero e proprio saggio sull’arte dello scrivere a mano.
Il film sarà presentato oggi, in prima assoluta, alle 18.00, presso il Cinema Lumiére di Bologna, dove saranno presenti la regista, la produzione e, ovviamente, l’unica Master Penman che probabilmente avrò avuto l’onore di conoscere in tutta la mia vita.

Fotogramma del documentario “Una Storia In Punta Sottile”, di Enza Negroni, 2022
Fotogramma del documentario “Una Storia In Punta Sottile”, di Enza Negroni, 2022
Fotogramma del documentario “Una Storia In Punta Sottile”, di Enza Negroni, 2022
Fotogramma del documentario “Una Storia In Punta Sottile”, di Enza Negroni, 2022
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