Addio a David McKee, il papà di Elmer l’elefantino

Quando ancora muovevo i primi passi nel mondo del libro per bambini, David McKee è stato uno dei miei modelli. Non tanto stilisticamente, per quello che scriveva e disegnava, ma proprio come autore. In giro vedevo tutti darsi delle gran pose, mentre lui lo vedevi allo stand di Andersen Press alla Fiera di Bologna, accanto al suo amico di sempre Tony Ross, con un pennarello da una parte e un bicchiere di bianco nell’altra.
A guardarli vicini sembravano due ragazzini di 10-11 anni. Oppure due pensionati al bar. Ricordo che guardandoli decisi che volevo essere così anch’io.
Anni dopo, quando ancora abitavo a Genova, allestirono in una libreria che ora non esiste più una mostra per celebrare i 30 anni di Elmer l’elefantino. Decisi di andare a trovarlo e fargli un’intervista. Nel frattempo, ci eravamo scambiati forse 2-3 mail, ma non contavo che si ricordasse il mio nome, mentre invece quando mi vide si ricordava chi ero. La seconda sorpresa fu che David parlava perfettamente italiano!

Vi ripropongo qui quella intervista, con la tristezza nel cuore e il profondo rammarico di non avergli più scritto, anche solo per chiedergli come stava.
E per non avergli mai detto quanto è stato importante per me.

Cresciuto nel Devon, in Inghilterra, David McKee cominciò a vendere i suoi disegni umoristici ai giornali quando ancora frequentava il Plymouth Art College. A partire dal 1964 ha pubblicato un’infinità di libri per bambini di grande successo, tra i quali la serie di Elmer, l’elefantino quadrettato, è certamente la più conosciuta.
Tra i suoi titoli pubblicati in Italia Due mostri (Lapis), Non ora Bernardo! (Mondadori), Tucano il tucano (Lapis), I conquistatori (Il Castoro) e ovviamente tutta la serie di libri di Elmer l’elefantino (Mondadori).

David McKee, “Elmer and Wilbur”
(courtesy: Tapirulan)

Ma tu… parli italiano!

Sì, perché ho diversi amici in Italia ma quando siamo insieme, non tutti parlano inglese e così ho imparato io un po’ di italiano!

In compenso so che adesso vivi a Nizza: come ma hai lasciato l’Inghilterra?

No, non ho lasciato l’Inghilterra. Diciamo che Londra è la mia residenza ufficiale, ma quando posso sto a Nizza, dove abita Tony Ross oppure a Parigi, perché la mia compagna a Parigi ha una galleria d’arte. Lei non può spostarsi e quindi… mi sposto io!

Parliamo di te: da bambino immaginavi che avresti fatto questo lavoro, scrivere e disegnare libri?

Ma questo non è un lavoro! Comunque no, non immaginavo che avrei fatto questo.
Disegnare ho sempre disegnato, fin da bambino; in casa mia non c’erano molti libri, non c’era la tv e non ascoltavamo molta radio, però c’erano le storie che mi raccontava mia madre e anche mio padre. Dopo qualche anno ne sono venute in mente anche a me e semplicemente ho cominciato a raccontarle.
Però ancora non sapevo che avrei fatto questo per sempre: quando avevo 15 anni a scuola mi chiesero cosa volevo fare l’anno dopo e io pensai che mi sarebbe piaciuto lavorare con mio padre, con gli agricoltori.

Tuo padre era agricoltore?

No, lavorava per loro. Riparava macchine agricole.

David McKee, “Elmer and Butterfly”
(courtesy: Tapirulan)

E poi hai davvero lavorato con lui?

Oh, no. Sai a scuola avevamo 3 mesi di vacanza d’estate, mio padre aveva solo 2 settimane di vacanza… pensai che forse mi conveniva continuare a studiare… Così mi sono iscritto alla Scuola d’Arte. Durante la scuola disegnavo continuamente e quando ancora ero studente cominciai a vendere i miei disegni a diversi giornali. È stato così che ho cominciato a mettere via i primi soldi.

David McKee, “Elmer Day Parade”
(courtesy: Tapirulan)

Elmer è il più famoso tra i tuoi personaggi. Vuoi raccontarci come è nato?

Prima dei libri c’era soltanto Elmer. All’epoca, era il ’66 o il ’67, dipingevo quadri sotto l’influenza di Paul Klee, sai facevo tele piene di quadratini colorati. E poi mi piacevano gli elefanti. Ne disegnavo spesso. Un giorno i quadratini e un elefante si sono incontrati ed è venuto fuori Elmer. I libri sono venuti poco dopo.

Quando è uscito il primo libro di Elmer?

Nel ’68. Poi venne ripubblicato nel’76 da Andersen Press: la prima versione aveva 48 pagine che poi ho riadattato a 32 per la ristampa.

Dopo tanti anni, e tanti libri, Elmer ti diverte ancora o piuttosto sei un po’ obbligato a fare nuove storie?

Sì, mi piace Elmer perché con questo personaggio riesco a parlare di tante cose. Posso parlare dei nostri problemi: oggi per esempio un problema è l’immigrazione. Tutti vogliono venire in Inghilterra e noi siamo un po’ scocciati ma io penso: se uno è costretto a partire, lasciare il suo paese, andare lontanissimo in un posto dove non capisce nemmeno la lingua, è chiaro che qualcosa non va. Di cosa ci stupiamo? Eppure a qualcuno ancora sembra strano, sente solo il proprio disagio. Così ecco, con Elmer posso parlare anche di questo.

David McKee, “Elmer”
(courtesy: Tapirulan)

Uno dei tuoi ultimi libri The conquerors parla di guerra. Vuoi raccontarci qualcosa in proposito?

L’idea per questa storia ce l’avevo già ai tempi della scuola. Ricordo un ragazzo che era stato in guerra, con l’esercito alleato. Mi raccontava che era stato in Italia con le truppe anglo-americane, che l’Italia gli era piaciuta e che non vedeva l’ora di tornarci. Così mi diceva: «Noi saremmo i conquistatori? Ma sono loro che hanno conquistato noi!».
Quando si preparava la guerra in Iraq ho pensato: «Siamo stupidi, andiamo a fare una guerra in un posto che non conosciamo, non sappiamo nulla di quel popolo, con che diritto facciamo questo?».
Volevo dire questo, che bisogna conoscere gli altri, l’unico modo che avevo era un libro. Così ho fatto The conquerors. Qualche volta mi chiedono quanto tempo impiego per fare un libro. Ecco, dipende: questo l’ho scritto e disegnato tutto in una settimana, ma mi ci sono voluti 50 anni per pensarlo!

Per spiegare ai bambini che la guerra è una cosa stupida si possono fare libri proprio come hai fatto tu. E per spiegarlo agli adulti, cosa dovremmo fare?

In realtà non credo che i miei libri siano solo per bambini. Mi piace pensare che mentre scrivo lo sto facendo non solo per il bambino ma anche per l’adulto che è già nel bambino e per il bambino che è rimasto nell’adulto.

Parliamo del tuo metodo: hai un modo fisso con il quale affronti un libro? Per esempio: prepari prima tutti gli schizzi del libro e procedi, fase dopo fase, per tutte le pagine, oppure cominci e finisci una pagina per volta?

Non c’è una regola. Dipende dalle volte. Qualche volta faccio tutto insieme, perché ho già in mente tutto il libro, come per The conquerors, altre volte faccio una tavola, poi un’altra, e un’altra, e magari mentre le faccio cambia un po’ la storia.

David McKee, “Elmer special day”
(courtesy: Tapirulan)

Quanto impieghi di solito a fare un libro?

Anche questo dipende. Le tavole di Elmer, per esempio, sono abbastanza complesse.
Comincio dallo schizzo a matita, che poi ricalco, sempre a matita. Poi uso gli acrilici, poi il guazzo e alla fine i pastelli. Di solito per una doppia tavola mi ci vogliono circa due giorni.

Hai bisogno di qualcosa di particolare per scrivere o disegnare? Un posto, un’ora del giorno, musica…

No, mi basta carta, matita, colori. Non ascolto molta musica mentre lavoro, anzi, la maggior parte del tempo la trascorro in silenzio.

Una curiosità: guardi la tv?

No, mi annoia un po’. L’unica cosa che seguo davvero è il Tour de France. Allora non ci sono per nessuno!

David McKee, “King of Quizzical Island”
(courtesy: Tapirulan)

Tu sei sempre autore delle tue storie. Non hai mai lavorato con altri autori?

No, preferisco di no, perché spesso la storia cambia mentre disegno. Essendo io l’autore ovviamente è più facile far questo. Se lavorassi con un altro scrittore dovrei continuamente chiedergli se posso cambiare una cosa o l’altra, oppure seguire il testo parola per parola, però non mi piace lavorare così.

C’è un progetto speciale che vorresti riuscire a realizzare?

Solo continuare a fare quello che faccio. Adesso ho almeno 6 libri in testa, mi piacerebbe riuscire a farli. Cambiando casa di continuo a dire il vero è un po’ difficile, ho sempre la valigia in mano!

Come vivi il tuo essere famoso? Ti piace?

No, non molto. Mi piace che lo siano i miei libri, ma non io. Non mi piace essere al centro dell’attenzione. Gli artisti non dovrebbero mai esserlo. L’artista deve guardare gli altri, ma se tutti guardano lui, diventa un po’ difficile, no?

Le immagini, su gentile concessione dell’associazione culturale Tapirulan di Cremona, sono tratte da Sweet Table, mostra personale di David McKee organizzata da Tapirulan e allestita dal dicembre 2021 al febbraio 2022 a Cremona.
La mostra sarà a Genova dal 9 aprile al 22 maggio 2022 presso Castello D’Albertis – Museo delle culture del mondo. Verrà anche presentata una video-intervista a McKee finora inedita, realizzata a settembre 2021.

editorialista
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  1. Apprezzo molto i suoi lavori,ma non mi piacciono le edizioni delle storie di Elmer in italiano,a mio parere di potrebbe fare di meglio

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