Le “foto dal finestrino” di Sottsass in mostra alla Triennale di Milano

Nel corso della sua lunga vita Ettore Sottass ha fatto di tutto — l’architetto, il designer, l’artista, ha fondato il gruppo Memphis e la rivista Terrazzo, ha progettato icone senza tempo, ha viaggiato come un trottola per il pianeta, è stato prigioniero di guerra, ha vinto per quattro volte il Compasso d’Oro, ha scritto un memoir-capolavoro — ma, soprattutto, ha preso appunti: scritti, disegnati, fotografici. Molti di essi sono raccolti in centinaia di quaderni, dei quali lo scrittore Matteo Codignola, che ha curato alcuni di quegli appunti per diversi libri (Per qualcuno può essere lo spazio, Molto difficile da dire, Di chi sono le case vuote?, tutti pubblicati da Adelphi), dice che «Nel loro insieme, costituivano il “diario immenso” che Sottsass sosteneva ciascuno dovrebbe scrivere — e che comunque lui ha scritto, tentando di scoprire davvero “com’è stata la vita di ogni polvere sotto tutte le necropoli del mondo”»1.

Nelle sue note Sottsass metteva di tutto: idee e spunti e bozzetti per progetti da realizzare, brani tratti da libri, schizzi fatti dal vero, ritagli, pensieri in libertà, ricordi, impressioni ricevute da film o brani musicali. E prendeva appunti anche con la sua fedele Leica, che portava sempre con sé nei suoi viaggi, anticipando ciò che oggi molte e molti di noi fanno assai più comodamente attraverso gli scatti potenzialmente infiniti che ci consentono i nostri smartphone.
Il grande designer e architetto fotografava ovunque e in ogni momento, fino a mettere insieme qualcosa come 150mila foto — «sono meno del portfolio che un fotografo professionista costruisce nella sua carriera – però non molto meno» sottolinea Codignola.
Alcune di esse, per qualche anno, sono andate a formare una rubrica, uscita sulla rivista Domus dal 2004 al 2006 e nata dall’idea dell’architetto Stefano Boeri, che all’epoca era direttore del magazine.

Ettore Sottsass, Mosca, 2004
Da Domus n.872, luglio 2004
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)

Anastasia la ragazza di Mosca è amica di Barbara e le ho detto che volevo molto salutare la tomba di Malevič.
Anastasia ha trovato il nome del posto — Nemčinovka — a una quarantina di chilometri da Mosca ma con quello stesso nome sulla mappa c’erano altri tre posti.
Abbiamo rischiato e dopo aver domandato a distributori di benzina, stradini, muratori, camionisti e gente sconosciuta, ci siamo trovati su una strada di campagna che correva lungo una foresta di altissime betulle.
Eravamo stanchi e nervosi e Barbara ha urlato: “Casimir aiutaci”.
Allora è apparsa una vecchietta con un uomo. Suo marito.
La vecchietta ha detto: Sono la figlia della prima moglie di Malevič. Così abbiamo trovato la tomba.
Un cubo bianco; cubo suprematista disegnato dall’amico Suetin.
Su una delle facce un quadrato che era nero e adesso è rosso.
Abbiamo saputo dopo che quel giorno era l’anniversario della morte di Malevič. 15.5.1935.
Appoggiato sul cubo c’era qualche fiore.

Inizialmente l’intenzione di Boeri era di commissionare a Sottsass degli editoriali che avrebbero dovuto offrire la sua visione del mondo, ma Sottsass preferì invece spedire a Domus le sue foto, una al mese, accompagnate da un breve testo. Lui le chiamava “foto dal finestrino” e la rubrica si intitolò così2.
Alcuni degli scatti li aveva realizzati in quegli stessi anni, durante i tanti viaggi che il designer, allora già ultraottantenne, faceva con sua moglie Barbara Radice; altri provenivano invece dal suo immenso archivio.

L’allestimento della mostra in Triennale Milano, a cura di Christoph Radl
(Foto: Gianluca Di Ioia | courtesy: Triennale)

Le parole che cuciva alle immagini, affidandole alla tastiera della sua Olivetti Valentine (sua in tutti i sensi, l’aveva progettata lui negli anni ’60), talvolta si riferivano proprio a quella foto, a quella precisa esperienza, ma spesso erano considerazioni più generali, che non di rado sconfinavano nei territori della poesia e della filosofia.
«Sono uno straordinario Atlante di corrispondenze e coincidenze tra luoghi, sensazioni vissute e pensieri. Fili tesi tra il mondo dei luoghi abitati e il mondo interiore di un grande e inarrivabile artista» afferma Stefano Boeri, oggi presidente della Triennale di Milano, che pochi giorni fa ha inaugurato una mostra dedicata proprio alle Foto dal finestrino di Sottsass, già raccolte, nel 2009, in un libriccino, sempre per i tipi di Adelphi.

Realizzata in collaborazione con Studio Sottsass e Iskra Grisogono, l’esposizione, che comprende 26 fotografie e altrettanti testi, rimarrà allestita fino al 22 maggio 2022.

L’allestimento della mostra in Triennale Milano, a cura di Christoph Radl
(Foto: Gianluca Di Ioia | courtesy: Triennale)
Ettore Sottsass, via Broletto, Milano, 2000
Da Domus n.874, ottobre 2004
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)

Sono sicuro, sicurissimo che c’è un paradiso di prati infiniti per le erbe solitarie.

Ettore Sottsass, Hampi, India, 1991
Da Domus n.875, novembre 2004
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)

I muri non sono soltanto quello che sono.
Sono anche quello che vorremmo che fossero: supporto di speranze, protezione del presente, cassaforte di memorie o anche previsione di Rovina.

Ettore Sottsass, Bali, 1967
Da Domus n.882, giugno 2005
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)
Ettore Sottsass, Canarie, 2005
Da Domus n.885, ottobre 2005
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)
L’allestimento della mostra in Triennale Milano, a cura di Christoph Radl
(Foto: Gianluca Di Ioia | courtesy: Triennale)
Ettore Sottsass, Shiraz, Iran, 1998
Da Domus n.886, novembre 2005
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)

Quando ci sono luoghi disabitati da qualunque speranza, in Iran quei luoghi non li affollano con signorine ammiccanti molto poco vestite ma con fiori; sempre con fiori.
Si sente dire che in Iran stiano preparando l’atomica e può darsi. Forse hanno paura di quelli che l’atomica l’hanno già inventata, prodotta e usata da un po’ di tempo.

Ettore Sottsass, Hoctun, Messico, 1979
Da Domus n.888, gennaio 2006
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)
Ettore Sottsass, Hong Kong, 1993
Da Domus n.889, febbraio 2006
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)
Ettore Sottsass, India, 1993
Da Domus n.892, maggio 2006
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)

Progettare architettura vuole anche dire disegnare un posto dove, al tramonto, due amici seduti per terra si raccontano, adagio, le storie della loro vita.

Ettore Sottsass, Palm Springs, 2006
Da Domus n.893, giugno 2006
(copyright: Ettore Sottsass | courtesy: Triennale)
L’allestimento della mostra in Triennale Milano, a cura di Christoph Radl
(Foto: Gianluca Di Ioia | courtesy: Triennale)

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