Da diversi anni a questa parte, grazie a piattaforme come Vimeo e YouTube e alla grandissima disponibilità di materiale video online, c’è stato un fiorire di filmati “non fiction” comunemente chiamati “video essay”, letteralmente “video-saggi”. Proprio come in un saggio scritto, questi ruotano attorno a un tema ben definito, propongono tesi e poi le supportano con teorie e documenti.
È un contenitore molto ampio, quello dei video essay, che va dalle monografie su singoli autori e singole autrici allo spiegare perché il montaggio è la punteggiatura del cinema, da una disamina sull’estetica del male a un video essay su cosa non è un video essay.
Della sempre più ampia comunità di chi realizza saggi visivi (i cosiddetti “video essayist”) fa parte anche Ariel Avissar, studente di comunicazione presso la Tel Aviv University.
L’anno scorso Avissar ha lanciato un progetto collaborativo chiamato TV Dictionary che, come suggerisce il nome, si propone di diventare una sorta di dizionario della tv, più specificamente delle serie tv.
L’idea è semplice: cercare di catturare l’essenza di una serie in una sola parola, da esplicitare attraverso un mini-video essay.
Il primo realizzato da Avissar riguarda Fargo, e la parola è “precario”. Poi è stata la volta di Lost (“complesso”), Dexter (“regolare”: pensare o comportarsi in maniera accettabile, normale, gradevole), Better Call Saul (“pratica”, nel senso di pratica forense), BoJack Horseman (“fine”) dopodiché anche altre persone hanno iniziato a partecipare e oggi il dizionario comprende oltre 40 voci. Le ultime — su Breaking Bad e I Soprano — sono di poche settimane fa.