Quanti sinonimi ci sono per dire casa? Dimora, abitazione, tetto, magione, nido, tana… Ciascuno di essi ha le proprie sfumature di significato, ma uno dei più affascinanti è sicuramente focolare, che da solo riesce a dare già una visione tridimensionale, multisensoriale e dinamica: dici focolare e ne senti il crepitio, percepisci chiaramente l’odore di legna che brucia, vedi il baluginio delle fiamme, immagini qualcuno lì attorno, a scaldarsi o a tenerlo vivo, in silenziosa solitudine o nel chiacchiericcio di una famiglia o un gruppo di amici.
La dimensione del focolare è immersa nel tempo, e dunque nel rito, quello quotidiano del vivere domestico, fatto di abitudini e piccoli gesti, che ruotano inesorabilmente attorno a degli oggetti — i piatti, le tende, la tazza, le lampade, un vaso, un panno. Usandoli diamo loro un senso e a loro volta essi danno senso a noi che li riempiamo e svuotiamo, li asciughiamo e li accendiamo, li riponiamo e li riprendiamo, nell’eterna danza che si consuma ogni giorno, dal mattino a notte fonda.
Sono attività pratiche ma anche “astratte” — ché l’amorevole osservare la piantina che cresce nel vaso e decidere quali sia la “mensola giusta” non ha proprio niente di pratico, eppure, probabilmente, attiva una quantità di neuroni ben più importante che lavare un pila di piatti sporchi — alle quali l’artista Marta Jorio dedica una mostra che ha deciso di chiamare Casa Hogar, e hogar, in spagnolo è appunto il focolare che figurativamente diventa casa.
Napoletana di origine, bolognese d’adozione, giramondo per vocazione, Marta Jorio la conosciamo ormai da anni qui su Frizzifrizzi, e ogni volta ci sorprendiamo di come, usando i linguaggi più differenti — dall’illustrazione alla ceramica, passando per il design tessile — riesca a far sentire la sua “voce” e a raccontare le sue storie con qualsiasi medium, attraverso linee e forme, consistenze e colori.
In Casa Hogar, l’artista immerge Officina Margherita — lo spazio, nel pieno centro di Bologna, in cui lavora, dividendolo con una bella realtà come il Vinilificio e con un artista come Paper Resistance — in un’immaginaria dimensione domestica, con le sue opere esposte e disposte esattamente nel luogo in cui sarebbero in una casa vera.
«In esposizione ci sono gli oggetti funzionali come piatti, bicchieri, vasi, candelabri, tende; gli oggetti votivi della serie Ex Voto-La Cura, manufatti simbolici curativi e inoltre gli oggetti liberi da qualsiasi fine concreto, puramente estetici, come sculture e stampe su carta. Sono utensili per le attività pratiche e astratte di tutti i giorni, legati a utili e inutili gesti che si compiono, oggetti-compagni di riti quotidiani» spiega il comunicato dell’evento.
La casa immaginaria è già pronta. Gli oggetti aspettano. Mancano solo gli ospiti, che troveranno la porta aperta dal 30 ottobre al 23 dicembre, ogni giovedì, ogni venerdì e ogni sabato.
