Era il 1916. Mentre l’Europa intera tremava sotto i colpi dei mortai, delle mitragliatrici e delle bombe della Prima guerra mondiale, a Zurigo, nella Svizzera neutrale, convergevano da tutto il continente, in cerca di rifugio, artiste e artisti, dissidenti e irregolari, anarchiche e anarchici. Fu lì che nel febbraio di quell’anno, su idea del regista tedesco Hugo Ball e di sua moglie Emmy Hennings, scrittrice e cabarettista, aprì i battenti un locale che diventò il centro di gravità delle avanguardie dell’epoca. Si chiamava Cabaret Voltaire, in omaggio all’autore e filosofo illuminista, e nacque nel retro di un bar in Spiegelgasse n.1. Vi si tenevano mostre, spettacoli, performance come non se ne erano mai viste. Il dadaismo mosse i primi passi proprio in quel luogo — il 16 luglio del ’16, durante un’affollata e caotica festa, Ball recitò la prima bozza del Manifesto che poi Tristan Tzara riscrisse un paio di anni dopo — e dentro a quelle mura passarono Kandinsky e Klee, Marinetti e de Chirico, Richard Huelsenbeck, Sophie Taeuber-Arp e Marcel Janco.
Quella del Cabaret Voltaire fu un’esperienza tanto breve quanto intensa: il locale chiuse appena pochi mesi dopo l’apertura, lasciando però un’impronta indelebile.
Lo spirito del fermento che abitava quel luogo si è irradiato in tutte le direzioni e ha attraversato l’intero secolo1, arrivando a contagiare anche un bel progetto italiano dedicato alla ricerca tipografica e battezzato col nome di Cabaret Typographie da Laura Dal Maso, Mauro De Toffol e Tommaso Pucci, che hanno dato vita al collettivo nel 2010, in quel di Milano, e che oggi sono ospitati presso gli spazi dell’Atelier di Bonvini1909.
Dal Maso, De Toffol e Pucci sono graphic designer: lavorano in questo settore da anni e hanno le loro carriere, che portano avanti parallelamente al collettivo. Quando si incontrano, si rimboccano le maniche e si sporcano le dita di inchiostro con la stampa a caratteri mobili, sperimentando con le lettere e utilizzandole come elementi puramente grafici.
Utilizzando vecchi glifi creano meravigliose composizioni (si acquistano qui), che hanno fatto vincere loro numerosi premi e che spesso omaggiano artisti, designer e movimenti del secolo scorso: da Marinetti a Depero, dal Bauhaus a Wim Crouwel, da Robert Indiana a Carlo Scarpa.
Dal 18 settembre alcune delle loro opere — tredici manifesti — sono in esposizione presso il nuovo spazio creativo Arcipèlago, a Udine.
Nato nel maggio del 2021 all’interno dello studio grafico Designwork, Arcipèlago è un luogo che Artemio Croatto e Charlotte Ménard — le menti e le mani dietro al progetto — definiscono “effimero”: «apre senza alcun vincolo di pianificazione o programmazione. Gli eventi dipendono dai temi che i fondatori vogliono approfondire, a seconda di ciò che suscita la loro curiosità».
Inaugurata con un incontro con il designer Paolo Tassinari, la mostra, curata da Croatto e Ménard, presenta i tredici manifesti insieme a una serie di oggetti e cofanetti ideati e realizzati da Cabaret Typographie per Bonvini 1909.
«Ricerca, sperimentazione e una punta di follia sono un’eredità nel nostro DNA di grafici. Il lavoro di Cabaret Typographie s’inserisce con genialità in questa avventura visuale dove si ricompone un panorama di caratteri, che non cessano di provocare l’inventiva di quanti si appassionano nel mondo delle lettere» dice Croatto.
L’esposizione sarà allestita fino al 16 ottobre, aperta al pubblico ogni sabato dalle 10 alle 19 e — gli altri giorni — solo su appuntamento.

Poster stampato in occasione della riedizione de “Le Ricette Futuriste”, Cartoleria e Tipografia Fratelli Bonvini1909, Milano.
Manifesto stampato in letterpress da matrici in MDF tagliate a laser, 50 x 70 cm.
(© e courtesy: Cabaret Typographie | Foto © Anna Iacaccia)

Interpretazione del carattere Etna, disegnato negli anni ‘30 e prodotto dalla xilografia tipografica Meneghello & Belluzzo, Legnago.
Manifesto stampato in letterpress da matrici in MDF tagliate a laser, 50 x 70 cm.
(© e courtesy: Cabaret Typographie | Foto © Anna Iacaccia)

(Foto © tutti i diritti riservati | courtesy: Cabaret Typographie)

La composizione e il disegno degli alfabeti traggono ispirazione dall’opera di Carlo Scarpa e dalle decorazioni dei pavimenti della Fondazione Querini Stampalia, da lui disegnati. I toni del rosa e del nero richiamano le cromie dei marmi policromi tipici dell’architettura veneziana.
Manifesto stampato in letterpress da matrici in MDF tagliate a laser, 50 x 70 cm.
(© e courtesy: Cabaret Typographie | foto © Anna Iacaccia)