Intrecciare saperi: la tesi di laurea di Joanna Pellizer, che ha applicato metodi e saperi di Anni e Josef Albers a un progetto di design partecipato

«Al contempo».
C’è una cosa e, nello stesso istante, anche un’altra. E magari un’altra ancora, e un’altra, che prima o poi finiscono per intrecciarsi. Come i fili di un tessuto, le sincronie vanno a comporre una trama, che può avere mille e mille forme diverse. Quella trama, quando poi ci guardiamo indietro, ci accorgiamo essere la vita. La forma che — volontariamente, ma nella maggior parte dei casi involontariamente — le abbiamo dato.
«Al contempo» è un espressione che ricorre spesso nella mail che mi ha scritto la giovane designer Joanna Pellizer, recentemente uscita dall’ISIA di Urbino con una tesi che ha a che fare proprio coi fili, e “al contempo” col design, e “al contempo” con l’insegnare design. E pure con la vita, dopotutto.

Classe 1994, nata e cresciuta a Trieste, Pellizer ha frequentato il corso triennale di Nuove Tecnologie per le Arti all’Accademia di Venezia e in seguito si è iscritta alla magistrale di Editoria all’ISIA di Urbino.
«Sono sempre stata molto interessata all’oggetto libro; mi ha sempre affascinato come esso possa prendere e contenere concezioni e forme sempre diverse» spiega.
Innamorata della progettazione, durante il secondo anno a Urbino la designer ha però sentito il bisogno di staccarsi dal computer e tornare a usare le mani, avvicinandosi al lavoro a maglia, al ricamo e all’uncinetto, tecniche che da bambina vedeva e imparava da sua nonna.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Durante questo periodo di ritorno all’artigianalità, Pellizer ha iniziato (primo “al contempo”) a sviluppare con altre studentesse un progetto di aggregazione spontanea negli spazi pubblici utilizzando la tessitura come azione di incontro, e (secondo “al contempo”) a portare avanti una ricerca sul cosiddetto design teaching. I due fili si sono poi intrecciati in quella che è diventata la sua tesi: Intrecciare saperi.

«Questa nasce dal chiedersi se sia possibile creare una didattica che prenda in considerazione la fantasia e la creatività come strumento per la crescita personale e sociale e non solamente a puro scopo ricreativo» mi ha spiegato Pellizer. «La ricerca si sviluppa attorno alla didattica del design e alla tessitura, seguendo i passi di Josef e Anni Albers1 come punti di riferimento per sviluppare le varie argomentazioni. L’intero progetto è stato svolto per sviluppare e testare un nuovo metodo di approccio al design. La sua utilità, quindi, sta non tanto nell’opera compiuta, ma nel processo per realizzarla».

(courtesy: Joanna Pellizer)

Oggi Pellizer vive e lavora a Zagabria, dove sta facendo un tirocinio presso l’Oaza Kolektiv, con l’idea, forse, di rimanere in Croazia anche al termine di questa esperienza.
“Al contempo” insieme all’amica e collega Francesca Tebaldini ha fondato il piccolo studio due✿lim☺ne◖◖.
«Il nostro sogno» dice, «è che un giorno riusciremo finalmente ad avere un luogo dove poter fare grafica, ma al contempo sperimentare con i materiali e con la natura che ci circonda (sì il nostro studio sarà probabilmente sperduto in mezzo a qualche bosco, anche se ora stiamo iniziando a prendere in valutazione anche qualche isola qui in Croazia). Per ora stiamo ancora cercando di sopravvivere al momento post-laurea, ancora un po’ confuse su come muoverci e come riuscire a pagare le bollette, ma stiamo partecipando a concorsi, bandi e residenze e abbiamo già alcuni progetti che stanno piano piano prendendo vita».

Augurando tutta la fortuna del mondo alle due giovani designer, ecco, qui di seguito, la tesi di Joanna Pellizer, raccontata da lei stessa.

La tesi di laurea si divide in due macro-gruppi: la didattica del design e la tessitura; Josef e Anni Albers sono stati presi come punti di riferimento per sviluppare queste due argomentazioni della ricerca. La prima parte del progetto si conclude con un workshop i cui partecipanti sono persone non coinvolte nel mondo del design. La finalità del workshop è stata quella di raccogliere un ampio numero di pattern realizzati autonomamente dal gruppo. In seguito, i vari pattern sono stati studiati e rielaborati per formare una composizione formale che è stata intessuta.
L’arazzo finale vuole essere la visualizzazione materiale di un design partecipato, realizzato dal primo approccio di non-designer al design e che in un secondo momento viene rielaborato per diventare altro.

(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)

Se si guarda all’educazione alla creatività oggi ci accorgiamo che essa si rivolge principalmente ai bambini e viene in seguito abbandonata durante le scuole medie e in caso ripresa se si decide di intraprendere degli studi specifici in ambito artistico. Vediamo dunque come oggi l’educazione del visivo si sviluppa su un metodo stereotipato e datato di un’arte concepita esclusivamente come attività estranea alla vita quotidiana.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Il progetto di tesi nasce dal chiedersi se sia possibile creare una didattica che prenda in considerazione la fantasia e la creatività come strumento per la crescita personale e sociale e non solamente a puro scopo ricreativo.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Ready, set, draw! — Laboratorio per un nuovo metodo di design partecipato

La prima parte della tesi si è conclusa con un workshop sviluppato per persone non coinvolte nel mondo dell’arte o del design.
La finalità dei workshop è stata quella di raccogliere un ampio numero di pattern realizzati autonomamente come gruppo dai partecipanti. La partecipazione di persone comuni in questo processo creativo, non solo porta i partecipanti a essere più consapevoli riguardo a quello che vedono ogni giorno attorno a loro, ma al contempo crea all’interno del laboratorio un senso di comunità e di appartenenza.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Tutti gli esercizi vengono elaborati e sviluppati dal gruppo come unica entità e non solamente dal singolo individuo, in questo modo i vari risultati sono il frutto della partecipazione e dell’interazione tra i vari partecipanti.

(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)

L’arazzo

Questa seconda parte si è conclusa con la realizzazione dell’arazzo vero e proprio.
Da questo punto entra in gioco l’esperienza del designer che deve cercare di valorizzare il materiale raccolto durante il laboratorio.

Come i partecipanti si sono avventurati in qualcosa di sconosciuto attraverso il workshop, allo stesso modo mi pongo la sfida di creare qualcosa al di fuori delle mia capacità, in qualche modo uscendo dalla mia comfort zone di progettista grafica. L’arazzo diventa, quindi, non solo simbolo di partecipazione, ma anche di riconquista di quella manualità e di quella lentezza che sono andate perdute.

(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)

Molto spesso la scuola dell’obbligo si preoccupa di farci registrare nozioni, ma quasi mai si occupa invece di farci fare. Raramente viene chiesto agli studenti di sperimentare e di scoprire soluzioni nuove ma questo tipo di educazione ci fornisce nozioni pre-impostate e ci fa dimenticare i processi attivi della creazione, quando invece il ritorno all’atto del fare e dell’utilizzare le mani serve a tutti come allenamento alla nostra inventiva e alla nostra immaginazione.

(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)

Come ci invitava Anni Albers, dobbiamo ritrovare la nostra sensibilità al tatto, sensibilità che con l’avvento dell’industrializzazione e della globalizzazione si è andata a perdere.

L’arazzo è quindi il frutto del tempo e dell’energia creatrice che viene esercitata. L’intero progetto è stato svolto per sviluppare e testare un nuovo metodo di approccio al design. La sua utilità, quindi, sta non tanto nell’opera compiuta, ma nel processo per realizzarla.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Durante questo progetto di tesi si è cercato di uscire da questo concetto di passività verso il creare: in principio durante il workshop, dove persone non legate ad un’educazione artistica hanno ripreso in mano colori e forme per creare collettivamente qualcosa di nuovo; e in secondo luogo con la realizzazione dell’arazzo, che mi ha portato a sviluppare e studiare una tecnica a me sconosciuta, oltre ad avermi aiutato a riscoprire la mia manualità. In un certo senso, l’esperienza, sebbene diversa, si porta con sé la stessa ideologia e lo stesso riconnettersi al proprio atto del fare.

La passione e la curiosità creano sempre qualcosa di nuovo e il segreto è aspettarsi sempre di più da noi stessi. Tutto ciò che pensiamo e poi creiamo vive di vita propria: brilla di significato solamente perché è diventato reale. Fare in modo che ciò che immaginiamo diventi reale e occupi effettivamente un suo posto nello spazio ci fa capire e guardare con occhi diversi tutto ciò che esiste attorno a noi.

(courtesy: Joanna Pellizer)

Crediti
Studentessa: Joanna Pellizer
Relatore: Mauro Bubbico
Correlatrice: Paola Fortuna
ISIA U – Diploma accademico di II livello in Comunicazione e Design per l’Editoria

Partecipanti al workshop:
Alice, Andrea, Cosimo, Costanza, David, Federica, Grga, Marco, Marisol, Mateja, Matija, Nicholas, Paola, Sara e Veronica.

Fotografie arazzo: Domenico Bellantuono
Fotografie progetto editoriale: Karlo Klasić

(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
(courtesy: Joanna Pellizer)
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