Conosco Manuel Dall’Olio ormai da qualche anno. Co-fondatore dello studio creativo Dina&Solomon insieme alla sua socia e compagna di vita Mirit Wissotzky, lo incontrai per la prima volta grazie a quella meravigliosa iniziativa di riscoperta di uno dei padri della tipografia che è stato il progetto multidisciplinare Griffo, la grande festa delle lettere, ideato proprio da Manuel e Mirit e dedicato al tipografo e disegnatore di caratteri bolognese Francesco Griffo, celebrato con una lunga serie di laboratori, conferenze, pubblicazioni e mostre.
Dopo aver concluso quel notevole percorso, durato per ben sei anni, il duo ha lasciato Bologna e si è trasferito nel Chianti. È da lì che Manuel, qualche giorno fa, mi ha contattato per raccontarmi il suo nuovo progetto, che ha a che fare con un lato di lui che non conoscevo minimamente, e cioè quello di appassionato ed esperto di bici da corsa d’epoca. È in queste vesti, infatti, oltre che in quelle di grafico, che ha lanciato l’iniziativa editoriale Quaderni Eroici, nata per approfondire e riportare alla luce le figure dei migliori artigiani italiani che costruivano bici da competizione.
Lanciata insieme al collega (e co-appassionato) Pier Antonio Zanini dello studio milanese GTower, la serie Quaderni Eroici prevede 20 uscite, le prime quattro delle quali — focalizzate sulle figure di Galmozzi, Pogliaghi, Marastoni e Alpi — sono protagoniste di una campagna di crowdfunding sbarcata in questi giorni su Kickstarter.
Per saperne di più, ho raggiunto Manuel al telefono e gli ho fatto qualche domanda.
Non sapevo di questo tuo grande interesse per le biciclette da corsa. Com’è nato?
È una passione nata circa dieci anni fa, quando mio padre mi regalò un bici da corsa. Era bellissima e, ovviamente, da grafico, mi interessai molto al design e cominciai a cercarne altre. Iniziai poi a chiedermi chi è che le costruisse, chi erano qui nomi che apparivano sui telai, scoprendo che fino agli anni ’80 la maggior parte delle biciclette da competizione veniva fatta su misura, come un vestito, da artigiani che le costruivano in acciaio con precisione millimetrica sui ciclisti che dovevano usarle. Ed erano artigiani bravissimi, che dovevano avere un know how vastissimo, anche di fisica e chimica, per poter gestire geometrie del telaio e delicate fasi di saldatura di tubi e congiunzioni.
Dal punto di vista tecnico, erano all’avanguardia. C’era talmente tanta competizione, tra di loro, che investivano moltissimo tempo, fatica e inventiva per migliorarsi continuamente, trovando soluzioni tecniche e tecnologiche che poi venivano copiate e diventavano standard, in una continua spinta verso l’alto.
Sono stati loro che, nell’arco di quarant’anni, hanno di fatto creato la bici moderna.
Siccome si trattava di piccole realtà — guidate da persone con poca o nessuna cultura imprenditoriale, che si accontentavano di guadagnare per dar da mangiare alla famiglia — quasi mai brevettavano le loro invenzioni.
E piccole sono rimaste, a parte qualche artigiano lombardo che è poi “diventato grande”, tipo Colnago.
Per circa quarant’anni l’Italia è stata la leader incontrastata nella produzione delle bici da corsa ma, a parte gli appassionati de L’Eroica, in Italia si sa poco o nulla di tutto questo.
E tu sei andato a cercarli, questi artigiani? Immagino fossero tutti già anziani.
Esatto. Alcuni sono già morti, purtroppo. Gli altri hanno perlopiù 80 o 90 anni.
Il primo che è trovato è stato Vito Ortelli, a Faenza, che ora disgraziatamente non c’è più. Lui era un ex ciclista, uno di altissimo livello, che batteva pure Bartali e Coppi.
Andai a trovarlo e a intervistarlo, e mi raccontò la storia della sua vita — la guerra, i partigiani, gli sfollati, le bombe, l’officina distrutta…
Io iniziai a scrivere, perché mi sembravano racconti bellissimi, e a quel punto ho continuato, andando a cercare altri artigiani come lui.
Quelle storie le ho poi messe su un sito, Frameteller, che aprii per l’occasione, con l’idea di “salvarle” prima che fossero dimenticate.
Non essendoci niente di simile, in Italia, il sito ha conquistato rapidamente molto seguito in quella piccola nicchia di appassionati interessati a queste cose.
Quindi non ci sono molte informazioni sulla storia di questi artigiani? Pensavo il contrario, avendo l’Italia una lunga e gloriosa storia ciclistica.
No, sono molto più bravi gli anglosassoni a documentare e valorizzare la storia delle arti applicate e dell’artigianato. Infatti sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti sono usciti molti libri sui loro produttori di bici.
Da noi la narrazione attorno al ciclismo si è sempre basata soprattutto sui ciclisti, e non sulle biciclette. I costruttori erano famosi nel momento in cui lavoravano e producevano, ma nessuno ha scritto di loro, e molte storie sono andate perse.
Qualche bel libro in realtà c’è — ad esempio I Sarti italiani della bicicletta o Biciclette vintage — però parlano dei marchi più famosi, ad esempio Colnago, Cinelli e Bianchi, o comunque non dedicano molte pagine ai racconti degli artigiani.
Tu sei dunque andato da tutti quelli che sei riuscito a trovare.
Come hai fatto in quei casi in cui gli artigiani non ci sono più?
C’erano i parenti. Figli, nipoti… Trattandosi di personaggi molto conosciuti a livello locale, gli eredi hanno spesso portato avanti l’attività. E, anche laddove non l’abbiano fatto, hanno comunque conservato documenti e materiali.
Poi ho avuto molte informazioni dai collezionisti e dai lettori di Frameteller.
Inoltre ho girato tra camere di commercio e archivi (grazie al lavoro fatto con il progetto Griffo ho imparato a muovermi come un investigatore).
Qual è la storia cui sei più affezionato?
Domanda difficile: sono tutte belle, simili e diverse. Una, però, si stacca dalle altre per quanto è commovente, avvincente e drammatica.
È la storia di un giovane artigiano veneto (oggi considerato la star assoluta, il Jim Morrison dei telaisti) che decise di provare a sfondare nel mondo dei grandi nomi (industriali). Fu mandato a dirigere un leggendario marchio italiano in California ma fu stritolato dalla spietata mentalità dei businessman USA, fino alla sua prematura scomparsa per arresto cardiaco, causato anche dallo stress delle varie vicissitudini.
A detta degli americani fu proprio lui a dare vita alla bici moderna (bella e funzionale stile Made in Italy) negli USA.
Oggi è forse il telaista più famoso e le sue bici sono le più ricercate in tutto il mondo.
È una storia molto bella. Se hai voglia di leggerla, è qui.
L’idea dei Quaderni Eroici quando è nata?
Dopo tante interviste e spedizioni, arrivato a un certo punto ho pensato di fare un libro. In realtà ho ricevuto diverse offerte in proposito, e non solo dall’Italia, da editori che avevano visto Frameteller.
Ci ho riflettuto su a lungo, arrivando alla conclusione che in un libro tutte le storie non ci sarebbero state, e sarebbe diventato l’ennesimo volume ad affrontare il tema senza davvero approfondirlo. Quindi mi è venuta l’idea di pubblicare dei quaderni, più agili a livello di formato e più economici sia da produrre che da acquistare. In questo modo ogni artigiano ha il suo libriccino. Così chi è interessato a quello specifico personaggio può prendere solo un quaderno e, chi vorrà, potrà invece collezionarli tutti.
In questo progetto siete in due, tu e Pier Antonio Zanini.
Lui è un grande appassionato come me e, per i casi della vita, pure lui è un grafico. Sta a Milano, quindi stiamo lavorando a distanza.
Abbiamo selezionato i testi e le immagini, ricontattato tutti coloro che avevamo coinvolto per chiedere le liberatorie, e siamo anche andati a intervistare di nuovo le persone.
Il nostro piano sarebbe quello di pubblicare 20 quaderni, dedicati ad altrettanti artigiani che hanno lavorato tra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Marche e Toscana, che sono le regioni in cui erano più presenti (tra l’altro è molto interessante scoprire il contesto della nascita di tutte queste botteghe).
Ma innanzitutto vediamo come andrà la campagna su Kickstarter.
Come mai la decisione di produrli sia in italiano che in inglese?
Perché all’estero c’è tantissimo interesse su questo argomento, anche più che in Italia. Ed è un interesse che abbraccia già diverse generazioni.
Ogni quaderno è composto di 32 pagine in formato 15x21cm, stampato in tipografia tradizionale e cucito a filo, per la massima qualità.
Quindi — riassumendo — la campagna di crowdfunding è partita, i primi quattro Quaderni Eroici sono dedicati a Galmozzi, Pogliaghi, Marastoni e Alpi. Chi partecipa alla campagna può pre-acquistare uno, due, tre o tutti e quattro i quaderni.
E poi?
E poi i libriccini dovrebbero uscire a ottobre 2021. Ma ci sono anche i poster!
Per tutti gli aggiornamenti si può seguire il sito quaderni-eroici.com ma anche Instagram, Facebook e iscriversi alla newsletter.