The revolt: una lotta di classe nel design di interni

Viene spesso da chiedersi, sfogliando le riviste e i siti di architettura e design di interni, quando di “reale” ci sia in quelle impeccabili case dove nulla è fuori posto e tutto — ma proprio tutto, fino al singolo soprammobile — è esattamente come e dove dovrebbe essere.
Che le abita vive come noi? Ha le stesse necessità degli esseri umani? Non vorrebbe un divano comodo dentro al quale affondare mangiando schifezze dopo una giornata terribile? Non schizza il pavimento quando si fa il bagno o la doccia? Non abbandona i vestiti sulle sedie? Non produce resti, quando consuma un pasto (altrimenti come farebbe a tenere un prezioso tappeto sotto al tavolo da pranzo?)?
E soprattutto: dove stanno gli oggetti utili? Quelli che servono davvero e che il più delle volte sono anche brutti, impresentabili e fuori posto in luoghi talmente perfetti da sembrare finti.

È su questo assunto che si basa The Revolt, un corto d’animazione 3D realizzato dallo studio spagnolo Six N. Five, fondato a Barcellona dal direttore creativo Ezequiel Pini, che ha messo in scena una vera e propria “lotta di classe” declinata nel mondo del design di interni.

C’è «una residenza di fascia alta vuota e immacolata. Ogni oggetto di design e complemento d’arredo occupa uno spazio preciso e calcolato. L’utilità non sembra avere importanza e spazio. La levigatezza e la perfezione della forma sono tutto. Ogni cosa è calma, perfetta, la luce abbraccia lo spazio e il suo bel design», spiega la presentazione del filmato.

Fin dall’inizio, tuttavia, appaiono elementi che un occhio attento si accorgerà immediatamente essere fuori posto: uno stendino, una sedia di plastica, un piscina gonfiabile, uno sturalavandini… «Oggetti che abitano ogni casa, puramente funzionali o che semplicemente cozzano con la pretesa estetica dell’ambiente. Usati e lasciati da parte, nascosti, celati, camuffati, resi invisibili, come se fossero vergognosi. Sono questi oggetti a irrompere nel paesaggio asettico e a prenderlo d’assalto».
Alla fine, nell’abitazione-palcoscenico, in un cui la vita può essere solo simulata e non davvero vissuta, irrompe rocambolescamente e violentemente la realtà.

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