Nata per poter essere sentita chiaramente durante i concerti, in mezzo a strumenti ben più rumorosi, la chitarra elettrica affonda le sue radici negli show delle orchestre jazz e dei gruppi blues, laddove il suono della chitarra acustica veniva regolarmente sovrastato da fiati, percussioni e pianoforte. Negli anni è diventata il simbolo e lo strumento per eccellenza del genere più vasto, complesso, ricco e celebre della musica popolare del ventesimo e del ventunesimo secolo: il rock.
Così come non esiste una teoria universalmente accettata sulle origini della musica rock, allo stesso modo è impossibile misurarne i confini e districarsi tra le influenze e le miriadi di sotto-generi nati in tutto il mondo nel corso dei decenni. Ogni tentativo di mappatura è dunque soggettivo e arbitrario, ma questo non significa che si tratti di un esercizio inutile: ogni mappa, per quanto incompleta o inesatta, invita all’esplorazione, ed è esattamente questo lo spirito che pervade la serie Blueprint dello studio di design britannico Dorothy, che da oltre cinque anni dà alle stampe poster che provano a riassumere interi generi musicali a partire dagli schemi di alcuni circuiti elettrici.

Per il Rock and Roll Love Blueprint il circuito non poteva che essere quello dell’amplificatore della chitarra elettrica, sul quale appaiono più di 1400 nomi tra musicisti, band, cantautori e cantautrici.
Dalle origini — che pescano dal blues e dal jazz così come dal folk, dal country, dal rhythm and blues e dal gospel — fino alla musica del nuovo millennio, c’è dentro di tutto, e ovviamente la scelta di chi mettere, chi escludere e chi evidenziare si presta a mille discussioni (la prima che ci è saltata all’occhio: davvero gli Strokes meritano di star lì in bella evidenza, più dei Beach Boys, di Zappa, di Iggy Pop, dei Joy Division?).
Ma, come già detto, in ambito musicale non esistono mappe esatte. Con le possibilità che abbiamo oggi di ascoltare potenzialmente ogni singola musica mai uscita su disco o su file, uno schema del genere non può che far bene, invitando a scoprire — al di là degli algoritmi di Spotify e simili — suoni che ancora non conosciamo.