Inaugurato nel 1938, il palazzo della sede della casa editrice Zanichelli è uno dei più particolari e interessanti di Bologna. Progettato dall’architetto Luigi Veronesi e costruito nello stile razionalista tipico del periodo fascista, è uno dei pochi edifici bolognesi in cui è stato utilizzato il granito (per le quattro altissime colonne, che lo rendono anche uno dei portici più alti tra i tantissimi che caratterizzano la città).
«Pur considerando le molte rivalutazioni dell’architettura fascista, è difficile che l’edificio, che certo colpisce per imponenza, piaccia. Però si può dire che tutti, chi ci lavora e chi lo vede, si sono abituati. Come succede con certi cani spaventosi, che non abbaiano e non mordono: dopo un po’ nessuno li nota più, anche se sono enormi», scrive a proposito della sede monumentale dell’azienda Federico Enriques, direttore generale Zanichelli dal 1970 al 2006, nel libro Castelli di carte, che si può leggere gratuitamente qui e racconta la lunga e complessa storia della casa editrice fondata dal libraio modenese Nicola Zanichelli nel 1859.
Sotto quel portico ci passo spesso, essendo di strada per le mie visite all’Orto Botanico, ma la maestosità del palazzo al numero 34 di via Irnerio diventa evidente solo guardandolo dal lato opposto della strada.
Secondo il progetto originario, poi bloccatosi a causa della guerra, doveva sorgere una struttura analoga a quella attuale al di là di via Mascarella, collegata con un grande arco — «qualcosa fra la galleria di Milano e la Défense», scrive Enriques.
Pur senza l’arco, col tempo Zanichelli si è allargata agli edifici attigui, e dagli anni ’80 gli uffici dell’azienda sono arrivati nel palazzo di via Irnerio 28, che è quello dove, da qualche giorno, sono apparsi i lavori di Giorgio Bartocci, urban artist conosciuto in tutto il mondo.
Intitolato Riflessi Mimetici, il progetto interessa alcune vetrine e saracinesche del palazzo. Laddove, quando le serrande sono aperte, è un grande classico specchiarsi sulle vetrate.
Quel riflettere il transito di persone e mezzi, e i palazzi di fronte, ha ispirato Bartocci nel realizzare l’intervento: «L’opera si è sviluppata attraverso un dialogo serrato con i dipendenti dell’azienda (a cui è riservato un punto di vista esclusivo dell’opera dall’interno degli uffici in cui lavorano) e studi architettonici sulla sede della casa editrice Zanichelli situata in via Irnerio, un edificio storico recentemente restaurato, a cui si aggiunge l’intento di mantenere un’aderenza il più stringente possibile al contesto urbano e artistico bolognese attuale. Fin dalle fasi iniziali di questa collaborazione, ho cercato un compromesso estetico che potesse diventare inclusivo dei potenziali osservatori, con l’intento di celebrare il movimento di persone e cose nell’irripetibile passaggio della luce naturale e artificiale. Immaginare la presenza umana collegata all’idea di transito è stata una delle fasi più stimolanti della ricerca, che mi ha indotto a elaborare un’unione astratta di forme e colori che assimilano le silhouette dei passanti a un pattern contemporaneo, cangiante e riflettente, ispirato alla liquidità della società moderna», spiega l’artista.
Passando di lì in una qualsiasi giornata trafficata, ci si rende perfettamente conto del concetto e del continuo mutare di un’opera che, volutamente, attraverso i vuoti che riflettono e le vernici metalliche, gioca con la luce che cambia ora dopo ora.

