Dagli studi professionali di architetti e ingegneri alle scrivanie di grafici e pubblicitari, fino agli scantinati in cui si spillavano le fanzine, quella dei fogli di caratteri trasferibili Letraset è stata una “tecnologia” che ha dominato per quasi tre decenni, dai primi anni ’60 fino a circa la metà degli anni ’80, quando è iniziato il definitivo declino, parallelo all’arrivo e alla sempre maggiore diffusione dei software di grafica editoriale.
Inventati dall’omonima azienda londinese nel 1959, i fogli di Instant Lettering, trasferibili a secco per mezzo dello sfregamento, sono oggi un perfetto esempio di obsolescenza, seppure non manchino gli estimatori (un paio di esempi eccellenti: Maurizio Ceccato, che li ha usati di recente per quella che è stata designata la miglior copertina dell’anno, e il nostro Federico Demartini, che centellina quelli in suo possesso per realizzare i Bisticci), che fanno sempre più fatica a procurarsene.
Sulla storia della Letraset qualche anno fa uscì un libro, e già da tempo c’è un sito che raccoglie gli Action Trasfers, variante ludica di quelli a uso grafico.
Scopro solo ora, tuttavia, l’esistenza di Instant Lettering, un database nato con la missione di «educare e promuovere il fascino della tecnologia ormai obsoleta dei caratteri trasferibili».
Lanciato nel 2018, il sito è un’idea del designer, docente e collezionista di trasferibili Letraset Joe Galbreath. L’intenzione originaria era quella di entrare in possesso della gamma completa di caratteri e decorazioni ma in realtà il progetto sembra essersi — purtroppo — bloccato sul nascere.
Con i suoi più di cento esemplari (per alcuni font ci sono diversi stili e pesi) rimane un buon punto di partenza per chi volesse cominciare a esplorare questo piccolo mondo, ormai un po’ polveroso ma non per questo meno affascinante.