I logotipi dell’industria editoriale sono i protagonisti del nuovo numero di LogoArchive

Editori, librerie, industrie cartiere, tipografie, premi letterari, riviste:
in ottica modernista, il bravo designer al quale fosse stato affidato il logo di un’azienda del settore editoriale, avrebbe immediatamente individuato la metafora visiva più congeniale, trasformandola in un simbolo basato su forme geometriche regolari, facilmente riproducibile, ben riconoscibile anche in piccole dimensioni e disegnato “al tratto”, dunque monocromatico e senza sfumature. Che è poi esattamente ciò che hanno fatto i progettisti che realizzarono i logo raccolti nel nuovo numero di LogoArchive.

L’ottava uscita della fanzine — fondata nel 2018 dal designer britannico Richard Baird e costola cartacea dell’omonimo, seguitissimo account Instagram — è infatti dedicata ai logotipi dell’industria editoriale, e presenta una selezione di alcuni tra i più interessanti, usciti tra gli anni ’60 e gli anni ’80 (ma ce n’è anche uno del 1990) dalla matita di designer come Saul Bass, Paul Ibou, Michel Olyff, Cruz Novillo e il “nostro” Pino Tovaglia (suo il logo della rivista Ottagono).

LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)

Progetto editoriale tanto snello quanto ad alta densità di “chicche”, nell’ottavo numero LogoArchive presenta un breve testo che racconta la genesi del logo realizzato nel 1970 da Steve Snider per la Houghton Mifflin Publishers College Division, un segnalibro fluo in carta Gmund Action e un toccante editoriale scritto dallo stesso Baird, in cui parla di collezionismo nell’epoca di Instagram e del suo stesso progetto: «Per evitare quella compulsione di tenere le cose che compro, le assimilo e poi passo oltre», confessa il designer. «La materia diventa uno scatto digitale, un logo o una rivista postata su Instagram. […] È il passato che si manifesta nel presente, una rilevanza che continua attraverso la riconfigurazione. Un libro diventa una fanzine. Un logo un post su Instagram. […] Io sono una collezione di ricordi e di esperienze con gli oggetti che ho avuto».

P.S.
Qualche settimana fa segnalai il lancio di tutta una serie di filiali internazionali di LogoArchive: in Italia, nel Regno Unito, negli Usa, in Belgio, in Giappone e in Polonia.
Ora gli account si sono moltiplicati ulteriormente, e sono nati anche quelli di Irlanda, Olanda, Francia, Spagna, Portogallo, Ucraina, Iran, Messico, Brasile, Uruguay, e persino quello dell’ex-Germania Est.
Inoltre, nel momento in cui scrivo, sono in fase di lancio anche Canada, Venezuela, Argentina, Paraguay e India.

LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.8, ottobre 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
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