Il collage è un’arte onnivora. Si nutre degli immaginari più differenti e funziona proprio grazie all’attrito che si crea tra elementi che provengono da mondi e da sistemi apparentemente incompatibili. Esattamente come nei sogni, i tasselli si incastrano, si intrecciano e si giustappongono per creare storie e sensazioni che sono al contempo familiari ed ignote, conosciute e totalmente nuove.
Ma a differenza del sogno, dove il regista è l’inconscio, nel collage è l’artista a operare la scelta dei frammenti, andando con quelli a costruire composizioni che vanno bel oltre la semplice resa grafica e che sfidano lo spettatore a ritrovare il filo, a leggere il messaggio, parlando allo stesso tempo sia all’io vigile che al pensiero subliminale.
Chi fa collage ha necessariamente una grande cultura visiva ma anche un’abilità fuori del comune nel creare collegamenti — talvolta tanto sottili da evaporare nel breve spazio tra l’opera e l’occhio di chi guarda — e nel muoversi a proprio agio tra le pieghe del linguaggio, visto che nella grammatica del collage le figure retoriche occupano un posto di primo piano.
Qualità che certo non mancano a Sara Vattano. Agrigentina, classe 1990, Sara ha alle spalle studi in architettura, arte e filosofia. Appassionata di poesia e arte giapponese, di vecchi film muti e avanguardie russe, di jazz e musica classica, di favole e di teatro, ha trovato nel collage la sua tecnica d’elezione, sviluppata negli anni in ogni modalità possibile, dalle composizioni analogiche a quelle digitali, fino ai video-collage, nel tentativo di espandersi oltre la bidimensionalità.
Nei collage analogici, infatti, Sara gioca con le sensazioni tattili, applicando diverse consistenze e oggetti tridimensionali, mentre le animazioni introducono un ulteriore elemento, il suono, e si aprono alla quarta dimensione, quella del tempo.
Tratto comune, che trascende i vari media, è la figura femminile, di solito rappresentata senza volto — «con una maschera che ne cancella la vecchia definita identità e nelle gestualità liriche emotive di un corpo che nasconde un segreto», spiega l’artista.
Il risultato è un dialogo, talvolta inafferrabile e per questo ancora più affascinante, tra l’opera e l’inconscio di chi guarda. «Andare oltre quello che sentiamo e non vediamo», dice Sara, che pubblica i suoi lavori su Instagram.