Più di 10 anni usciva Helvetica, un film indipendente realizzato dal fotografo e filmmaker Gary Hustwit. Come suggerisce il titolo, il documentario trattava dell’omonimo, celeberrimo carattere tipografico. Proiettato per la prima volta nel marzo del 2007, Helvetica riscosse un grande successo, contribuì alla rinascita del genere “documentario sul design” e lanciò la carriera di Hustwit, che partì da lì per girare altri due capitoli di quella che diventò la sua “trilogia del design”, ovvero Objectified (2009) e Urbanized (2011), ai quali seguì, nel 2018, Rams, dedicato al grande designer tedesco Dieter Rams.
Nel realizzare Helvetica, Hustwit andò personalmente a intervistare alcuni tra i più grandi designer in circolazione: da Wim Crowel (scomparso appena poche settimane fa) a Hermann Zapf, da Paula Scher a Michael Bierut, da Neville Brody a Stefan Sagmeister, da Erik Spiekermann a Tobias Frere-Jones. Tra loro c’era anche Massimo Vignelli, che con il carattere tipografico progettato da Max Miedinger ebbe un rapporto strettissimo — nell’intervista lo definì «un carattere moderno, un carattere molto chiaro, che va bene quasi per tutto. Puoi dire ti amo, in Helvetica. Puoi usare l’Helvetica Extra Light sei vuoi essere molto elegante, o l’Extra Bold se [l’amore] è molto intenso e appassionato» (non sappiamo se Vignelli scrisse mai ti amo in Helvetica, ma lo usò per alcuni tra i suoi progetti più celebri, compreso — come ho già scritto altrove — il suo stesso funerale).
Da quel primo incontro, avvenuto nel 2005, Hustwit mantenne i contatti con Vignelli, e nel 2013 andò a trovare lui e sua moglie Lella nel loro appartamento di New York.
«Stavo pensando a persone interessanti che conoscevo a New York e che potevano permettermi di passare la giornata con loro e farsi fotografare, così ho mandato un’email a Massimo e lui ha gentilmente accettato. Volevo solo provare a catturare come ci si sentisse a essere in quello spazio con lui e Lella a quel punto della loro vita. Quasi tutto in casa è stato progettato da loro… i mobili, l’illuminazione, i vasi, i piatti, le posate. Ho trascorso ore a fotografare il contenuto delle loro librerie, della loro cucina, di tutto», racconta Hustwit, che all’epoca non poteva ancora sapere che appena un anno dopo Vignelli se ne sarebbe andato (morì il 27 maggio del 2014) e Lella, che all’epoca degli scatti era ai primi stadi del morbo di Alzheimer, l’avrebbe seguito un paio di anni più tardi.
Le fotografie realizzate quel giorno, più di 400, finora sono rimaste chiuse nel proverbiale cassetto, ma il regista ha deciso di utilizzarle e di raccoglierne una selezione in un libro.
Intitolato semplicemente Vignelli: Photographs by Gary Hustwit, è composto da 80 pagine e si può acquistare online, sia nella versione standard che in quella deluxe, che è in edizione limitata di 150 copie numerate, firmate da Hustwit e accompagnate da una foto originale, anch’essa firmata, e da una Caran d’Ache Fixpencil 22, la matita preferita da Vignelli.
Parte del ricavato dalla vendita del libro andrà al Vignelli Center for Design Studies.