Con i suoi poco più di 45.000 abitanti Vercelli è uno dei capoluoghi di provincia meno popolosi nel nostro paese. Appena un puntino a metà strada tra Torino e Milano che, chi non abita da quelle parti, ricorda soprattutto per aver mandato a memoria, negli anni scolastici, le province e i fiumi del Piemonte, o per i campionati di calcio vinti dalla storica squadra Pro Vercelli a inizio ‘900.
Questo status di borderline — dato dall’essere fondamentalmente una cittadina con la patente di provincia, e dalla vicinanza (ma allo stesso tempo la lontananza) con due metropoli e i loro rispettivi e assai differenti influssi storici e culturali — si riflette anche sul territorio naturale e sull’architettura del luogo: da una parte il verde e l’acqua delle risaie, panorama che in zona chiamano “mare a quadretti”; dall’altra la pietra delle torri e delle facciate degli edifici storici dove, nell’ennesimo scontro tra opposti che sembra un po’ essere parte integrante dell’anima vercellese, la bellezza gotica rivaleggia con quella romanica.
Essere su una zona grigia, sul margine tra diversi mondi, sotto ogni punto di vista, ha reso Vercelli una piccola perla di arte e cultura, tutta da scoprire, oltre che un avamposto per andare a esplorare i dintorni, che sono altrettanto interessanti [vedi box].
Sono tante le rotte possibili per chi decide di visitare Vercelli: c’è quella del riso, quella storico-religiosa, e poi c’è quella dei libri antichi.
Sono tante le rotte possibili per chi decide di visitarla: c’è quella del riso, di cui Vercelli è considerata capitale europea; c’è quella storico-religiosa, essendo la cittadina uno dei nodi principali della via Francigena, che partiva dal Regno Unito e dalla Francia e, nel Medioevo, portava i pellegrini e i crociati in Italia, a Roma e in Puglia, per imbarcarsi verso la Terra Santa.
E poi ci sono i libri antichi, passione di tutti i lettori di Frizzifrizzi che seguono la rubrica Tesori d’archivio.
Una visita nei dintorni: Varallo
La “capitale” della Valsesia, dal Sacro Monte alla Pinacoteca e al Museo Calderini
A un’ora da Vercelli, Varallo è conosciuta a livello internazionale per il suo Sacro Monte, il più antico tra quelli della regione, con una Basilica centrale attorniata da 44 cappelle e centinaia di statue.
La cittadina, che sorge lungo il fiume Sesia, ospita anche una Pinacoteca, dove sono conservate, tra le altre cose, una affascinante collezione di maioliche (alle quali è anche dedicata una bella mostra, aperta fino al 22 settembre 2019) e una prestigiosa raccolta di arte grafica, con disegni che vanno dal ‘500 al ‘900.
Nello stesso edificio, il Palazzo dei Musei, è inoltre possibile visitare il Museo Calderini, dedicato a geologia, archeologia e natura.

La Biblioteca Capitolare, il Mappamondo di Vercelli e il Vercelli Book
Nel quarto secolo Vercelli era uno dei centri cristiani più importanti del Nord Italia, sede del primo vescovo di tutto il Piemonte, Sant’Eusebio. Attorno alla sua figura e al Duomo a lui dedicato sono nate la Biblioteca e l’Archivio Capitolare che oggi si trovano all’interno del Museo del Tesoro del Duomo e ospitano pergamente, libri antichi, partiture musicali e oltre 250 antichi codici.
Tra le tante meraviglie spiccano il Codex Vercellensis Evangeliorum — attribuito allo stesso Sant’Eusebio e considerato da alcuni il primo manoscritto in latino del Vangelo — e il cosiddetto Mappamondo di Vercelli, un’opera del ‘200 che rappresenta il mondo allora conosciuto.
Ma il manoscritto probabilmente più interessante conservato presso la Biblioteca è il Vercelli Book, che risale alla fine del X secolo ed è uno dei più antichi testi al mondo in lingua inglese.
Di autore sconosciuto, il libro (che è anche stato digitalizzato) è composto da 136 fogli di pergamena a tema religioso. Realizzato in Inghilterra, è arrivato a Vercelli tra l’XI e il XII secolo anche se non è ancora noto come e perché.
Il fatto di essere scritto in antico inglese ne ha curiosamente favorito la buona conservazione. Per secoli, infatti, nessuno seppe decifrarlo e quindi non venne praticamente utilizzato. Solo nell’800 uno studioso tedesco, Friedrich Blume, scoprì la lingua nella quale fu redatto.
Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo del Tesoro del Duomo (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory)
La collezione libraria del Museo Leone
Nato a fine ‘800 il Museo Leone è una delle due case-museo di Vercelli (l’altra è il Museo Borgogna), sviluppatesi cioè da collezioni private, messe in piedi, più o meno nello stesso periodo, da due ricchi professionisti — Camillo Leone, notaio, e Antonio Borgogna, proprietario terriero, laureato in giurisprudenza e consigliere comunale — che per passione, curiosità e possibilità hanno trasformato le rispettive abitazioni in vere e proprie wunderkammer, piene di curiosità e di opere acquisite nel corso di anni di ricerche.
Entrambe le collezioni, alla morte dei proprietari, sono state lasciate alla città.
Dal punto di vista del bibliofilo quella del Museo Leone è la più interessante, merito di una biblioteca composta da oltre 15.000 titoli, tra cui quasi 400 manoscritti — alcuni dei quali rari — e 23 codici miniati, oltre a titoli che testimoniano la storia delle attività tipografiche di Vercelli.
Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory) Vercelli, Museo Leone (foto: Andrea Macchia | courtesy: No fire No glory)
Piccola curiosità: che c’entra Vercelli con la Magna Charta?
La splendida Basilica di Sant’Andrea, con la sua facciata policromatica (i mattoni rossi, l’intonaco bianco, la pietra verde) è intimamente intrecciata con uno dei più importanti documenti della storia dell’umanità, la Magna Charta Libertatum appunto.
Tra i supervisori della stesura della versione del 1216, infatti, c’era un vercellese, il Cardinale Guala Bicchieri, tutore dell’allora giovanissimo re d’Inghilterra Enrico III. Fu lo stesso Bicchieri, una volta tornato in Italia, a volere la Basilica, che venne iniziata nel 1219 e completata nel 1227.
In nome di questo legame, in occasione degli 800 anni della Basilica, il prezioso documento è stato esposto a Vercelli da marzo a giugno 2019, in una grande “mostra diffusa” che si è sviluppata nei principali luoghi di cultura della città.
Un’occasione per vedere alcuni dei tanti tesori da scoprire o riscoprire.