Umberto l’alieno: intervista a Holdenaccio

In un futuro plausibile, la Terra sfrutta le risorse energetiche di Urano, discriminando i suoi abitanti. Umberto è l’alieno che si troverà al centro della resistenza per smascherare le malefatte dei perfidi profittatori. Con il suo graphic novel d’esordio, Holdenaccio disegna una commedia dal sapore anni Ottanta con lo spirito di avventura young adult di E.T., Stranger Things e The Goonies e con una critica alla propaganda moderna.

Bao Publishing presenta così l’esordio di Antonio Rossetti, in arte Holdenaccio, fumettista e illustratore tarantino, classe 1990.
Seguo Holdenaccio da un po’ e non potevo farmi sfuggire l’occasione di parlare del suo Umberto, il protagonista/alter ego del suo libro e parlare anche di come ci si sente, in generale nella vita, ma anche nel tornare in Puglia dal Piemonte, e che responsabilità hanno gli artisti su temi come l’ecologia o la politica…

Holdenaccio, “Umberto”, Bao Publishing, aprile 2019

Senza spoilerare troppo è importante sapere che la consapevolezza di quello che succede intorno a noi passa anche dalle storie illustrate di un autore che è partito dal sud per andare a studiare a Torino, e ritornare a casa cercando di combattere come sa fare lui, con le illustrazioni.


Ciao Holdenaccio, la prima domanda che ti faccio è: come si realizza un libro d’esordio? Raccontaci il diario di bordo che ti ha portato a costruire la storia di Umberto: cosa c’è dietro, da cosa hai avuto l’intuizione?

Nel mio caso sono serviti tantissima pazienza, anni di “palestra” nelle autoproduzioni e una buona idea da cui partire. Volevo dimostrare di essere bravo nel fare una cosa, senza dovermi sentire immancabilmente in colpa per aver abbandonato gli studi. Insomma, l’esordio arriva quando si è determinati a raccontare e disegnare sempre, con passione.
L’ispirazione di Umberto è arrivata dai problemi dello spazio e dell’universo intero e anche da un contesto preciso del mio vissuto. La storia nasce dalla necessità di voler affrontare temi come immigrazione ed ecologia attraverso gli occhi di un alieno, che ha la stessa ingenuità di un “terrestre medio”.
Avevo grande voglia di spostare certi problemi “terrestri” in nuovo contesto, quello nell’universo. Come dicevo, per me sono temi più che mai attuali in questo periodo — tra noTAP, immigrazione e questione ambientale a Taranto.

Holdenaccio, “Umberto”, Bao Publishing, aprile 2019

Nel tuo libro ci ho visto tante citazioni — richiami dello stile anni ’80 fino a Stranger Things — e fai una critica ambientalista e sociale. Ho letto che hai studiato Scienze Politiche all’università.
La mia domanda è: quanto di te c’è in Umberto? In cosa sei simile a lui? O magari c’è più di un personaggio che ha “preso da te”?

Umberto sono io. Un “rivoluzionario tenerino”, se proprio vogliamo fare una specie di riassuntone del libro e di me in due parole. Tra le pagine c’è una parte di quello che sono e spero di aver lasciato un pezzo di me a ogni personaggio, a seconda del loro carattere. Quello che più mi piace di Umberto è la sua estrema sincerità, la sua semplicità e la grande voglia che mette nel fare cose che sembrerebbero impensabili per lui. Ma se c’è un personaggio che ha preso tutto dal papà (cioè me) è Camilla, co-protagonista della storia. Ha spirito critico e un atteggiamento super punk verso le ingiustizie, che è anche frutto del mio percorso atipico nel fumetto.

Holdenaccio, “Umberto”, Bao Publishing, aprile 2019

«Questa storia parla di noi, qui e adesso». Cosa c’è dietro questa “autocritica” della società? Mi sembra che con il tuo disegno e la tua scrittura tu riesca a mostrarci per quello che siamo: prendiamo visione di ciò che, dall’interno, la società non ha la capacità di riconoscere. Senti di avere un ruolo quando decidi di pubblicare un’opera?

Ecco, questo è ciò che vorrei evitare di chiedermi. Per quanto io senta di avere un dovere e un ruolo da rispettare quando scrivo una storia, non posso attribuirmi da solo l’importanza che avrà. Sono sempre stato molto modesto, tutto quello che scrivo e disegno è solo il frutto di ciò che penso. Spetta a chi legge decidere se attribuire ai miei lavori un valore morale e di critica nei confronti di questa società, non proprio correttissima, quindi posso solo ringraziare tutti quelli che impiegano il loro tempo con le mie storie.

Che cosa ti ispira nella realizzazione di un personaggio, di una storia? Cosa ti influenza nella creazione?

Sono una persona che quando si fissa su qualcosa resta a osservarla e pensarci per un sacco di tempo. Tutto può essermi d’ispirazione: anche la cosa a cui mai avrei pensato di dare importanza, può rivelarsi fondamentale nella creazione di una storia o di un personaggio. Ad esempio, per Umberto ricordo che tutto il flusso di idee è partito da una frase scarabocchiata a lato di un foglio: «Oh no, un’altra volta!», immaginando questo tizio rapito forse per la quarta volta in un mese dagli alieni.
Così vale anche per una foto, una canzone, un suono, un’immagine per strada o in città, una frase detta o sentita. Tempo fa scrissi una storiella partendo dal suono che una mia amica sentiva nella sua auto, trasportando ogni giorno tantissime casse d’acqua. Tutto ciò che riesce a stuzzicarmi merita la mia curiosità.

Holdenaccio, “Umberto”, Bao Publishing, aprile 2019

Hai vissuto per anni a Torino, ora sei tornato a Taranto. Come mai quest’inversione di rotta?
Hai anche realizzato, tempo fa, dei Quaderni tarantini: di cosa parlano e perché?

I Quaderni tarantini sono dei libricini che ho creato con MelanZine, la mia etichetta di autoproduzioni. Sono un diario e un’autobiografia a fumetti, tra le bellezze e le mille sfaccettature di Taranto viste attraverso il mio ritorno.
Anch’io mi sono chiesto: «Perché sono tornato?». Taranto è una città più volte condannata al suo destino, che vive di ricordi e nostalgia, quante possibilità ha di trovare la propria voce? È stata proprio la nostalgia a spingermi al ritorno. Ma per quanto possa essere un aspetto romantico, non è d’aiuto. C’è bisogno di speranza per creare un futuro, io la cerco negli occhi di chi è tornato e di chi non se n’è mai andato e ha affrontato la situazione carico di volontà e rimboccandosi le maniche. Sono riuscito, almeno per adesso, a darmi la libertà di crescere e la dignità di cambiare, tornando nel posto che ho sentito giusto per me stesso. Taranto mi ha convinto ad accettare l’amaro e mi ha costretto a non fare il suo stesso errore, ovvero quello di confondermi con il paesaggio.

Non sei nuovo alle pubblicazioni. Ti ho conosciuto a un festival minuscolo a pochi chilometri da casa, in cui presentavi un libro realizzato con il collettivo Sbucciaginocchi, si chiamava Soft Porn e raccoglieva storie intime e divertenti, l’ho adorato!
Cosa cambia nella realizzazione di un lavoro, da collettivo a personale? Cosa pensi di aver appreso dal tuo lavoro nel collettivo, che hai poi portato nel tuo libro d’esordio?

Ricordo anche apprezzasti le mie innate doti da venditore, per quanto fosse difficile da vendere una storia con il kamasutra degli abbracci(!) Pensandoci, questa è una delle cose che cambia: non sono io ad occuparmi della vendita, fortunatamente!
Quello che cambia davvero, almeno per me, è il metodo. Nell’opera collettiva, sei tenuto a interfacciarti con altri per capire come legare la tua storia alle altre. Cercare di essere tutti soddisfatti del prodotto ultimato è poi la parte più difficile. Quello che ho imparato dall’auto produzione è la costanza, l’umiltà e la dignità nella passione che ci metti ogni sera: quando ti metti a scrivere e disegnare su quella scrivania sudata e affaticata ma piena di ricordi, di passione e sacrifici in giro per festival, dormendo in sette in una sola stanza, sempre con la paura di non guadagnarci nulla e andarci solo a perdere, ma mettendo sempre onestà nel fare le cose.

Holdenaccio, “Umberto”, Bao Publishing, aprile 2019

Quali sono i tuoi progetti futuri e come passi le tue giornate?

Tra i progetti futuri c’è l’ultimo capitolo dei Quaderni tarantini, che spero riuscirà a vedere la luce a fine estate. Poi ho in cantiere un progetto tutto nuovo che mi sta impegnando giorno e notte, ma sono fin troppo scaramantico per poterne parlare. Sto realizzando una sorta di biografia su Elliott Smith e una storiella per il grande ritorno degli Sbucciaginocchi. Le mie toste giornate filano così, tra disegnini, focaccini da impastare e lunghe tratte in bicicletta con la giusta playlist emo in cuffia.

Ultima domanda: potrei aver dimenticato di chiederti qualcosa di importante, perciò ti chiedo, c’è qualcosa di importante che hai voglia di dire?

Sì, il nome in arabo della melanzana, al badinjian. Tradotto è “uovo del diavolo” e fu portata dagli arabi stessi in Europa con la convinzione potesse sconfiggere con essa la Cristianità. Per quanto possa apparire strano, ha a che fare con il progetto supersegreto che ho anticipato.

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